La sua straordinaria attualità e il coraggio di navigare in mare aperto
In questi venticinque anni che ci separano dalla scomparsa tragica di Enrico Berlinguer, tutto intorno a noi è cambiato. Il mondo, l’Europa, l’Italia, la società hanno conosciuto trasformazioni enormi che ci consegnano uno scenario del tutto diverso da quello in cui il più amato Segretario del Pci visse la sua straordinaria stagione politica e umana.
E, tuttavia, tornare a riflettere sull’azione e sul pensiero di uno dei dirigenti che più ha segnato la storia della sinistra e della democrazia italiana è tanto più utile perché il nostro tempo ci consegna temi su cui Berlinguer ebbe intuizioni preziose e precoci.
Quando il Segretario del Pci parlò di “austerità”, nel nostro linguaggio non c’era ancora un’altra parola con la a accentata – “sostenibilità” – che è divenuta oggi di uso quotidiano.
Era la metà degli anni ’70, il tempo della prima grande crisi petrolifera, che spingeva i paesi produttori di petrolio a rivendicare un cambiamento delle ragioni di scambio e dei rapporti di mercato e di investimento con i paesi industrializzati e consumatori.
I più guardarono in quel momento all’austerità berlingueriana con diffidenza, quasi fosse una forma di rifiuto della modernità. In realtà Berlinguer capì molto prima di altri che una concezione dello sviluppo come sola e ininterrotta produzione di beni e di merci è destinata a scontrarsi con i limiti invalicabili della natura e del destino umano. E che fondare lo sviluppo su basi sostenibili – demografiche, ambientali, sociali – è condizione perché la crescita sia capace di produrre benefici di cui possa godere una vasta umanità e senza pregiudicare le opportunità e il destino delle generazioni future.
“Governo mondiale” fu altra espressione originale che Berlinguer coniò, volendo sottolineare la consunzione del sistema bipolare e la necessità di un nuovo equilibrio politico del pianeta, non più governabile soltanto sulla base dei rapporti di scontro o competizione o confronto tra Urss e Stati Uniti.
Anche quell’espressione poteva sembrare utopica – e non mancò chi accusò il leader del Pci di astrazioni e visioni velleitarie – quando invece Berlinguer anticipava così un tema che oggi la crisi della globalizzazione ci pone in modo stringente: la necessità di una governance globale e di un multipolarismo responsabile a fronte di un mondo sempre più unico e interdipendente, che non può essere retto dalle sole sovranità nazionali e dalle loro mutue relazioni.
E’ ancora una delle affermazioni più note e forti di Berlinguer – la “democrazia come valore universale” – che torna oggi di prepotente attualità.
Se ieri quell’affermazione aveva il significato forte e esplicito di contestare il comunismo sovietico e il suo carattere oppressivo, oggi la “questione democratica” torna di straordinaria attualità, in una società in cui i poteri delle nazioni si svuotano, i cittadini sentono più incerti i loro diritti, la politica e le istituzioni appaiono deboli e inadeguate e, anzi, crescente è lo spostamento di poteri, decisioni, risorse da istituzioni legittimate dai cittadini – “democratiche” appunto – a luoghi e sedi extraistituzionali e si affermano concezioni populistiche e plebiscitarie della politica e delle leadership.
E, infine, come non vedere la straordinaria attualità di una concezione della politica non scissa da principi etici e regole morali.
Per aver evocato la “questione morale” Berlinguer fu spesso accusato di settarismo e moralismo. E ancora oggi c’è chi imputa all’evocazione di quella questione ferite laceranti e non ricomposte.
In realtà in quella espressione c’era non soltanto la consapevolezza del degrado a cui il tessuto politico e istituzionale era pericolosamente esposto, ma soprattutto la ferma convinzione che la credibilità della politica e di chi la rappresenta consiste nella trasparenza, nella onestà, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni, nell’osservanza delle leggi e nell’adozione di comportamenti che non violino essenziali principi etici e morali in cui i cittadini si riconoscono. Valori e concetti di cui possiamo ben apprezzare la necessità in un tempo in cui la politica italiana ci consegna ogni giorno immagini assai deprimenti.
Riflettere su Berlinguer, dunque, non per un’antistorica nostalgia, ma per avvalersi delle sue intuizioni e delle sue riflessioni in un tempo presente che, ancora una volta, chiede alla sinistra e ai riformisti di non aver timore – come non lo è per Berlinguer – di percorrere cammini inesplorati e di navigare in mare aperto.
Leggo dalle agenzie che la Procura di Roma ha fatto una richiesta di archiviazione in relazione all’utilizzo dei vettori di stato da parte di ballerine, cantanti, cuochi e maggiordomi.
Non ha rilevanza penale se tutte le categorie sopra dettagliatamente elencate si accompagnano a chi ha diritto all’utilizzo del volo di stato.
Come dire se sei accompagnato dai genitori non è reato, se non lo sei è reato.
Ora il problema non è la rilevanza penale del fatto ma, a mio avviso, l’opportunità di utilizzare un bene dello stato per finalità che con il bene pubblico nulla hanno a che fare.
Esistono altri mezzi per raggiungere la Sardegna: traghetti, compagnie low cost, gommoni, pattini…
Enrico Berlinguer, se avesse ricoperto un incarico istituzionale, non l’avrebbbe permesso!!!
Ma Lui era un uomo normale!
Buona notte a tutti
Fu una delle pagine più assurde del storia del comunismo. Perché la strategia del “compromesso storico”, enunciata da Berlinguer su “Rinascita” a fine ’73, ma già annunciata al congresso Pci di Milano del marzo 1972 (quello nel quale Berlinguer era stato eletto segretario) preoccupava assai i bulgari, più duri e puri dei sovietici.
Inoltre, c’è da dire che l’ottima politica di Berlinguer aveva degli interlocutori attenti anche in Bulgaria e, in generale, in tutto il blocco dell’Est, tanto che dopo decenni Mikail Gorbaciov ha ammesso come il comunismo italiano avesse avuto un peso anche nella nascita della Perestroika.
Per l’esattezza era il 1973 e la cosa accadde nei dintorni di Sofia, in Bulgaria.
Sì, mio padre mi parlava di uno strano incidente di macchina durante una visita, non ricordo bene se in Russia o in Bulgaria.
Vero, fu un grande. E rischiò anche di essere ucciso dal Kgb!
Ricordiamo la saggia e coraggiosa presa di distanza dal Pcus quando ancora l’Urss era un colosso che teneva saldamente in mano mezzo pianeta …
Ma certo, non era per nulla un velleitario, era un uomo concreto e perfettamente inserito nella storia. Anzi, la storia l’anticipava.
In effetti anche a me sembre più plausibile l’ipotesi di un Enrico Berlinguer nel Pd piuttosto che in Sinistra e Libertà o nel Pdci.
Più trascorre il tempo e più mi convinco che i veri grandi protagonisti della storia repubblicana sono stati Enrico Berlinguer e, risulterò antipatico assai a dirlo in un forum di discussione Pd, Giorgio Almirante. Due uomini politici diversissimi, ma di una lungimiranza assoluta.
Rimane un dubbio, non so se condiviso o meno dai più, su quali scelte avrebbe operato negli anni successivi alla sua morte Berlinguer qualora non fosse deceduto. Io amo particolarmente i “what if” storici, quindi me lo chiedo spesso.
Realista com’era credo però di non sbagliare dicendo che avrebbe percorso l’identica strada che ha condotto al Pd … Dubito che si sarebbe mai incamminato lungo il sentiro della frammentazione e della conseguente marginalità di chi oggi non riesce a rappresentare neanche se stesso pur avendo il 6% e passa di voti …