Riconquistare all’imprenditorialità soggetti sfiduciati, utilizzando lo strumento del microcredito, è una delle opzioni possibili per un efficace contrasto alla mafia. Per questo ritengo che sia un’ottima base di partenza il progetto di ddl che propone la modifica del Codice antimafia. Ne abbiamo discusso questa mattina, all’Università di Catania, durante un incontro organizzato – tra gli altri – dai Lions, dall’Ateneo, dall’Associazione Amici dell’Università e da Confindustria durante il quale è stata presentata la bozza finale di proposta per la modifica del Codice antimafia che già dal 2011 prevede importanti misure di prevenzione patrimoniale e l’istituzione dell’Agenzia nazionale pei i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Le proposte di modifica presentate oggi credo siano particolarmente interessanti per gli obiettivi che si pongono, in particolare per la collaborazione sinergica tra i diversi soggetti interessati (Agenzia, rappresentanti delle istituzioni politiche, giudiziarie e bancarie del territorio) e per l’attenzione rinnovata che viene posta sui cittadini e sul territorio per coinvolgere tutti nella lotta alla mafia.
Uno dei temi principali che l’Agenzia nazionale per i beni confiscati e sequestrati ha dovuto sinora affrontare è stato infatti quello del ‘dopo’: dopo la confisca, dopo l’operazione giudiziaria che sottrae risorse a cosa nostra restano infatti i territori che da un lato hanno subito l’ingerenza delle mafie ma che, per altro verso, si ritrovano improvvisamente senza le uniche forme economiche che conoscevano. Senza contare che molto spesso la “transizione alla legalità” delle aziende confiscate e riattivate è densa di difficoltà. In questo senso il ruolo giocato dagli istituti di credito è determinante: oggi le banche hanno la possibilità di essere, con le opportune tutele, integrate nel rilancio e nel risanamento di tanti territori favorendo quei cittadini che hanno voglia di intraprendere e costruire impresa nella legalità.
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