Una mia riflessione su Catania pubblicata oggi, domenica 6 marzo, sul quotidiano La Sicilia:
Crisi dolorose, che nessuno mai avrebbe messo nel conto. Arresti eccellenti, l’ombra della corruzione come pratica diffusa a tutti i livelli. La presenza pervicace e pervasiva della mafia nella Città e nel suo tessuto economico in particolare, testimoniata da numerosissime operazioni delle forze dell’ordine e inchieste della magistratura.
La nostra Città sta vivendo una delle fasi più delicate degli ultimi decenni: crisi industriale, morale, economica, delle idee. Crisi che impongono di riflettere sul futuro e sulle prospettive di crescita, di capire come agire nel presente per mettere in moto un meccanismo che si è inceppato.
Senza alcuna presunzione di dare “ricette” né tanto meno soluzioni, vorrei provare a stimolare una discussione pubblica sul tema.
E allora credo che la prima sfida su cui lavorare sia mettere in atto una valutazione attenta su ciò che sta accadendo, per capire come utilizzare gli strumenti che Catania ha per avviare un percorso di crescita.
Per provare, in definitiva, a rispondere ad alcune domande: quali sono le energie e le vocazioni economiche della Città su cui puntare? Turismo, industria alberghiera, ristorazione, tecnologia spinta, innovazione, università e ricerca? Puntare sulle piccole e medie imprese, sull’antica vocazione commerciale? Scommettere sulle start-up? Spingere sull’agroalimentare e sui prodotti di eccellenza? Si tratta in definitiva di capire quali leve sfruttare per fare uno scatto in avanti: per distinguerci, per provare ad aprire opportunità nuove per i nostri giovani e per tentare di ricollocare chi ha perso il lavoro.
Nel contesto di difficoltà attuale certamente ci sono dei comportamenti positivi che mi preme sottolineare e che vanno valorizzati: l’attivismo di Confcommercio nella Zona industriale, le iniziative del Ceap, il Consorzio etneo attività produttive, la voglia di discussione – e di mettersi in discussione – emersa qualche giorno fa ai Benedettini durante l’assemblea pubblica sui teatri. E ci sono delle notizie positive, che speriamo possano concetizzarsi, come gli annunciati investimenti di StMicroelectronics e l’interesse della catena Eataly su Catania o l’ipotizzata apertura del Porto alla Città, ma anche la possibile gemmazione del Museo Egizio di Torino nella nostra Città. A tal proposito però mi domando perché non allestire il nostro Museo civico con i tanti, tantissimi reperti “sepolti” da anni al Castello Ursino, non accessibili al pubblico?
Al di là dei singoli casi, credo che si debba avviare un percorso che stimoli gli imprenditori, i privati, a scommettere e scommettersi, ad investire a Catania, per Catania.
Le amministrazioni in questo senso possono fare tanto per facilitare questo percorso rimuovendo (o almeno riducendo) gli ostacoli della burocrazia, fornendo nuovi servizi (rendendo la città più intelligente, grazie alle nuove tecnologie) e migliorando quelli che già offre (a partire dal trasporto pubblico e dal ciclo dei rifiuti), assicurando il decoro urbano (che oggi nel centro storico come nelle periferie, non c’è), contrastando illegalità ed abusivismo.
L’Amministrazione comunale per prima, assieme ai rappresentanti del mondo industriale, dei lavoratori, dei commercianti, dell’Università, della ricerca, delle professioni possono essere artefici di questo percorso, di una riflessione collettiva, di un confronto che va reso pubblico e aperto alla Città, stimolando le proposte e allargando la platea dei soggetti coinvolti. Penso ad un concorso di idee, sfruttando anche i social network e gli strumenti innovativi di comunicazione, per consentire di delineare insieme le strade di investimento prioritarie e le modalità per attivare investimenti.
Compito degli enti pubblici è appunto stimolare: abbiamo bisogno di autopromuoverci e diventare protagonisti, ne abbiamo bisogno noi, nel Mezzogiorno, più di altri.
Qualche tempo fa lanciammo una proposta, l’avevamo chiamata “Valore Catania”: un fondo cofinanziato da Enti locali, banche, consorzi fidi, per raccogliere risorse da destinare alle nuove imprese di giovani catanesi che decidano di investire in innovazioni e progetti di valenza sociale. Un fondo per aiutare lo start-up di imprese giovani, con l’obiettivo di ricucire i rapporti tra ricerca, Università, cultura, economia, per tornare ad essere una Città della conoscenza.
Era un’idea… Potrebbero essercene tante altre. Ma se non ci interroghiamo e non agiamo, che fine faremo? Quante opportunità rischiamo di perdere?
Siamo in una fase delicata e siamo a una delle ultime chiamate per giovani e ex-giovani: basta attendere, dobbiamo riscoprire una voglia di protagonismo per Catania e per noi stessi. Per vincere queste sfide e puntare ad uno sviluppo sano e duraturo tutti dobbiamo fare la nostra parte, dagli imprenditori ai sindacati, dai rappresentanti della politica ai cittadini.
Il tema dello sviluppo economico etneo peraltro, è legato a doppio filo a quello dello sviluppo del Mezzogiorno, su cui il Governo ha dimostrato attenzione (penso ai fondi stanziati nella Legge di stabilità). Ma non basta. Muoverci insieme e richiamare così sempre di più l’attenzione del Governo nazionale è anche questa una priorità. A partire dalla necessità di dare una spinta per realizzare le infrastrutture mancanti e potenziare quelle esistenti, riequilibrando gli svantaggi competitivi che affliggono l’impresa nel Sud Italia.
Ma altrettanto importante, a livello locale, è avere chiare le idee sul come possiamo rilanciare Catania e su come attuare modelli di sviluppo economico e occupazionale.
Archiviando definitivamente assistenzialismo e capitalismo politico, realizzando una vera rivoluzione liberale e democratica, spesso invocata ma mai realmente praticata.
Io sono disponibile a contribuire. Spero che questo mio stimolo possa servire a dare una scossa, e mi auguro che le forze migliori di questa Città sappiano reagire in maniera propositiva per rispondere alle sfide epocali che abbiamo dinanzi.
Caro Giuseppe.
Colgo l’occasione di queste Tua importante e lodevole iniziativa, di interrogare noi tutti e di tentare di interrogare gli attori dello sviluppo possibile ed auspicabile della nostra Catania, per ricordare la risposta che diede il professore Giorgio La Malfa in occasione del convegno svoltosi presso la facoltà di Economia della nostra Università, interrogato sulle possibili vie d’uscita alla forte depressione economica e sociale che mortifica la nostra gente.
Fra le altre cose che suggerì, come fiscalità di vantaggio ed alleggerimento degli impedimenti burocratici, ce n’è una che è fondamentale: creare delle aree a tolleranza zero, nelle quali si elimini il mortificante e paralizzante controllo del territorio che opera la criminalità organizzata.
I nostri concittadini, credo, non abbino alcun bisogno di essere stimolati ad intraprendere, hanno bensì bisogno di essere rassicurati sulla possibilità di mettere su impresa senza il terrore di dovere avere a che fare con la presenza soffocante dei delinquenti che non appena apri bottega ti impongono, o tentano di farlo, il pizzo.
Sono fiducioso che Tu qualcosa potrai fare nel senso dei suggerimenti di La Malfa.
Ti ringrazio per l’attenzione che spero dedicherai questo commento e colgo l’occasione per salutare affettuosamente e ricambiare gli Auguri di Pasqua.