Anch’io voglio dare il mio piccolo contributo agli Stati Generali della Città di Catania dedicati al rischio sismico.
Innanzi tutto ricordando il prof. Giovanni Campo, che ci ha insegnato che viviamo in un’area fortemente sismica ma che, con la dovuta attenzione e i giusti provvedimenti, possiamo viverci.
Il ringraziamento va anche al CISPA da lui fondato e alle altre associazioni che hanno voluto, richiesto e promosso questo appuntamento.
La nostra città ha la tendenza a dimenticare la materia di cui è fatta: la grande montagna con la sua lava, il mare a cui volta ostinatamente le spalle e il sommovimento della terra su cui poggiano le sue case, i suoi monumenti, le sue attività economiche, le sue scuole, le vite dei suoi abitanti.
Nel corso degli ultimi anni, almeno dalla dichiarazione di territorio sismico del 1981 – prima, evidentemente, nonostante la storia scandita dai terremoti, non lo eravamo; ma, forse, erano altre le ragioni, più speculative – gli studi sono stati effettuati, è stata prodotta la mappatura degli edifici e soprattutto del rischio a loro collegato, partendo naturalmente dagli edifici pubblici.
Lo scenario che altri meglio hanno descritto è inquietante. Una grave prova, anche se tutto sommata modesta secondo le scale sismiche, l’abbiamo avuta con il terremoto di S. Lucia del 1990. Scosse che in Giappone o in California, oramai, sono declassate ad abitudinarie, da noi riescono ancora a fare morti, come nella Cina interna, in Turchia o in Iran. O a L’Aquila.
Dopo il terremoto di S. Lucia la legislazione è stata adeguata, con l’emanazione di provvedimenti ad hoc, sia per la ricostruzione che per la prevenzione.
In particolare, con la legge n. 433/91, recante disposizioni per la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite dagli eventi sismici del dicembre 1990 nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa, sono stati stanziati fondi e stabilite procedure per la ricostruzione dei comuni colpiti dagli eventi sismici del 13 e del 16 dicembre 1990 nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa. E sono stati indicati gli obiettivi da realizzare: riparazione, con miglioramento strutturale o adeguamento antisismico ovvero eventuale ricostruzione, degli edifici pubblici e di uso pubblico danneggiati dal sisma, recupero e conservazione degli edifici di culto e di quelli di interesse storico, artistico e monumentale, con particolare riguardo al patrimonio barocco del Val di Noto, riassetto urbanistico del territorio, con interventi che privilegino, ove possibile, la conservazione del patrimonio edilizio esistente.
Successivamente, con la legge n. 228/97, fu reso possibile l’utilizzo delle somme ancora disponibili, circa mille miliardi di lire, per opere di prevenzione antisismica nelle province di Catania, Messina, Siracusa e Ragusa (cosiddetto obiettivo i-bis). Una volta tanto i soldi c’erano e furono spesi, in parte anche dalla città di Catania. Operando delle scelte che sicuramente non hanno privilegiato, o meglio tenuto conto, dello stato di sicurezza degli edifici pubblici, a partire dalle scuole dove vivono buona parte della giornata i nostri ragazzi.
Il sindaco e l’amministrazione comunale avranno sicuramente modo di illustrare e spiegare ciò che è stato fatto. Mi auguro anche di come vogliano cambiare strada. Certo, quando i soldi non ci sono più. Ma, almeno, valga come indicazione di priorità strategica da seguire e rispettare.
Nelle scorse settimane, ho ritenuto opportuno presentare una interrogazione al Presidente del Consiglio dei Ministri per conoscere, fondamentalmente, due elementi:
– l’elenco esatto delle opere finanziate con tali somme per l’obiettivo i-bis, il loro stato di attuazione e la copia delle relazioni redatte dal Comitato paritetico Stato-Regione su questi punti;
– come tali fondi siano stati utilizzati, con particolare riferimento alla riparazione, con miglioramento strutturale o adeguamento antisismico ovvero eventuale ricostruzione, degli edifici pubblici e di uso pubblico danneggiati dal sisma.
Spero che la risposta non tardi ad arrivare, poiché credo che per poter fare – ammesso che vi sia questa reale volontà da parte di chi oggi ci governa – occorra programmare e quindi sapere.
Certo, poi bisogna anche decidere: e lì la politica ha le sue responsabilità che spero impari a sapersi assumere.
Solo quando arriverà un terremoto di quelli seri, solo allora forse i catanesi si sveglieranno e decideranno di impugnare i forconi contro questi irresponsabili…
forse i “responsabili” sono i nostri amministratori comunali, che in due anni e passa (e mi riferisco alla giunta stancanelli) non sono riusciti a concludere nulla di buono se non liquidare qualche debito? o quelli provinciali, che parlano tanto e sanno solo organizzare sagre di paese?
Rischio sismico? Ma la protezione civile – almeno così ci è sembrato di capire negli ultimi mesi – ha ben altro di cui occuparsi!! Tralasciando per un attimo la questione di questi 1.000 miliardi (cosa di cui dovrebbero occuparsi in primis le procure e, in seconda battuta, i cittadini con i forconi) io invito i “responsabili” a fare un giro per scuole ed edifici pubblici. In quasi tutti gli uffici non esiste una sola porta “a norma” e le maniglie antipanico sono una leggenda di cui qualcuno ha sentito solo parlare. In molte scuole addirittura è facile imbattersi in porte “di sicurezza” chiuse anche con catene e lucchetti per impedire agli alunni di uscire (sic!) dalla scuola.
Che fine hanno fatto quei 1000 miliardi di lire??? Sicuramente saranno stati utilizzati per fare cose totalmente inutili e magari per “accontentare” qualcuno. che tristezza