Nel giorno dell’anniversario, il ricordo di un fatto drammatico che deve essere per tutti uno stimolo a riflettere e ad agire, nelle parole di Marina Sereni.
Il 30 aprile del 1982, a Palermo, la mafia uccideva, insieme a Rosario Di Salvo, Pio La Torre. Importante parlamentare del Pci (fondamentale la “sua” legge che istituisce il reato di associazione mafiosa e permette la confisca dei beni, impegnato in Commissione Bilancio, nella Commissione di controllo sulla programmazione e sugli interventi straordinari nel Mezzogiorno, nella Commissione d’inchiesta sulla mafia, nella Commissione Agricoltura e infine nella Commissione Difesa), attivo nella direzione politica nazionale, era tornato in Sicilia nel 1981 come segretario regionale.
La sua storia, riletta oggi, è la storia drammatica e straordinaria di una classe dirigente meridionale del Pci – formatasi sui libri, ma ancor di più nelle lotte a fianco dei più deboli, dei contadini, degli sfruttati. Accusato e condannato ingiustamente dopo i disordini accaduti nell’occupazione delle terre in Sicilia nel 1950, La Torre resta in prigione un anno e mezzo. Da lì esce avendo deciso di dedicare la sua vita alla politica, alla difesa della sua terra e del suo popolo.
Per me, allora giovane dirigente della Fgci – impegnata in quegli anni soprattutto nel Movimento per la Pace che univa idealmente la mia terra, l’Umbria, alla Sicilia, a Comiso, ai movimenti europei per il disarmo nucleare – Pio La Torre era e rimane il simbolo della battaglia contro gli Euromissili.
Erano gli anni della Guerra fredda, degli SS 20 ad Est, dei Pershing e dei Cruise ad Ovest. In tanti, già nel 1978, avevamo sfilato tra Perugia e Assisi denunciando il pericolo di una nuova escalation nell’armamento atomico, rilanciando il messaggio nonviolento di Aldo Capitini. Tom Benettollo, allora responsabile esteri della Federazione giovanile, aveva intuito che stava per “esplodere” quel grande movimento di massa per la pace e il disarmo che per molti della mia generazione è stata la prima vera palestra politica. La Torre fu per tanti di noi giovani pacifisti il punto di riferimento di una mobilitazione ampia, diffusa, popolare. Andammo a Comiso in autobus da tutta Italia, raccogliemmo migliaia di firme sulla petizione da lui proposta, organizzammo un referendum autogestito al quale parteciparono centinaia di migliaia di cittadini. Imparammo in quegli anni a discutere con chi non la pensava come noi, a sostenere le nostre idee, un po’ radicali, di fronte agli adulti del Partito che ci spiegavano la necessità di non essere contro la Nato, di non essere unilaterali, di non dimenticarci mai di chiedere che l’Urss cambiasse strada e rinunciasse ai suoi missili. Poi la storia, per fortuna, andò in un altro modo. I missili non vennero installati, Usa e Urss cominciarono una stagione di trattative per il disarmo, l’utopia che si potesse essere più sicuri con meno armi atomiche entrò nella politica dei governi.
Il coraggio, il rigore morale, la forza umana e politica di Pio La Torre impaurirono la mafia e la mafia stroncò la sua vita quel 30 aprile di 27 anni fa. Oggi la Camera dei Deputati lo ricorda per il suo contributo alla battaglia per la democrazia e la legalità. I gesti simbolici servono nella lotta alla mafia tanto quanto il contrasto concreto, le leggi e l’azione di repressione. Ecco perché abbiamo duramente contestato la decisione del Comune di Comiso di cancellare l’intitolazione a La Torre dell’aeroporto. Una scelta sbagliata che cerca di rimuovere dalla memoria un uomo che invece resta un simbolo positivo per la coscienza civile del Paese. Una scelta tanto più inaccettabile di fronte a fatti, come la progettata uccisione del sindaco di Gela Rosario Crocetta, che stanno lì a ricordarci, drammaticamente, come il crimine mafioso sia sempre in agguato.
Certo, però, che Bianco non è mica riuscito a lasciare una qualche eredità. Solo ricordi. E, lo sottolineo, sono passati 9 anni da quando è andato via. Possiamo dopo quasi un decennio ancora parlare sempre e solo di Bianco?
Sono d’accordo con l’on. Berretta, molto è cambiato, non si può negarlo. Ed il merito è sicuramente da attribuire anche e soprattutto ad un sindaco come Bianco, che Catania l’ha cambiata per davvero. Ma aveva gli uomini giusti al posto giusto, idee splendide ed era onesto.
No, non bisogna cedere al pessimismo. E’ cambiato molto, credimi. La mattanza quotidiana per le nostre strade non c’è più da molto tempo. Non è poco. E non c’è più grazie al sacrificio di uomini come Pio La Torre.
Sono passati 27 anni, mi sembra ieri. Ma è cambiato qualcosa in Sicilia da allora? Non credo …