“Il mio sogno è che Belpasso non sia ricordata come la città del malpassotu ma come la patria della legalità”. Sentire pronunciare questa frase ad Alfio Platania, il giovane vicesegretario dei Giovani Democratici di Belpasso, durante l’incontro di presentazione della bozza di regolamento comunale per l’assegnazione dei beni confiscati, mi ha emozionato e mi ha fatto capire una volta di più come la semina di legalità avviata dalle associazioni civiche, dalle associazioni antiracket e da quanti credono che l’illegalità e la cultura mafiosa si possono sconfiggere, cominci a dare i propri frutti. Per presentare la bozza di regolamento comunale per l’assegnazione dei beni confiscati i Giovani Democratici hanno organizzato un appuntamento dal titolo emblematico “Da Cosa nostra e cose nostre” e hanno voluto che a partecipare al dibattito ci fosse – insieme al presidente dell’associazione antiracket Libera impresa Rosario Cunsolo, al tenente della compagnia di Paternò Martino della Corte, al comandante della stazione dei carabinieri di Belpasso Rosario De Fazio e al responsabile nazionale Cultura dei Gd Daniele Sorelli – la senatrice del Partito Democratico Rosaria Capacchione, una donna che ha sempre dimostrato, sia da giornalista sia da parlamentare, un piglio deciso e coraggioso nell’affrontare il malaffare mafioso.
“Io so bene cosa vuol dire il dominio mafioso sull’economia locale, ma so anche che da quei beni confiscati si può ripartire per creare un’economia pulita – ha spiegato la senatrice Capacchione agli studenti del liceo scientifico “Russo Giusti” di Belpasso che hanno preso parte all’incontro – bisogna però velocizzare i tempi della burocrazia dalla confisca all’assegnazione e va assolutamente fatta una normativa più agile più snella, e che guardi al recupero dei beni in termini produttivi”.
Un appello da condividere in pieno quello di Rosaria Capacchione perché è inaccettabile che si possa lasciare a qualcuno la possibilità di pensare che con la mafia si lavora e con la legalità le imprese chiudono.
Bisogna intervenire per mitigare le diverse difficoltà che le aziende sottoposte a sequestro o confisca affrontano durante il percorso di emersione alla legalità e che ad oggi conducono al fallimento del novanta per cento delle attività produttive sottoposte a sequestro seguito da confisca definitiva. Si dovranno trovare strumenti per far fronte all’inevitabile aumento dei costi di gestione, dovuto al processo di legalizzazione dell’azienda e alla necessità, quindi, di far fronte al pagamento di oneri fiscali e contributivi, oltre che alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro e alla applicazione della normativa del lavoro, senza pregiudicare la possibilità delle aziende di restare sul mercato.
Aggredire il rapporto criminalità-economia rappresenta un tassello fondamentale per una moderna ed efficace lotta alla mafia. Per sconfiggere la mafia è necessaria un’opera di repressione e di prevenzione di cui la confisca dei beni rappresenta un tassello fondamentale. Altrettanto importante è il movimento culturale e morale che deve coinvolgere tutti e specialmente le giovani generazioni. Per questo sono felice aver dato il mio contributo ad un evento organizzato da giovani che hanno ben presente che il percorso della legalità passa attraverso una vera e propria rivoluzione culturale che è già in atto.
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