Signor Presidente, siamo di nuovo qui a discutere del provvedimento in esame, il DDL 1441-quater-E, e lo facciamo sulla scorta di un evento straordinario: il rinvio da parte del Presidente della Repubblica, avvenuto con messaggio del 31 marzo.
Il potere attribuito dall’articolo 74 della Costituzione al Presidente della Repubblica è un potere straordinario, è un potere che è stato utilizzato con straordinaria parsimonia dal presidente Napolitano e dai suoi predecessori.
È utile sottolineare che dal dopoguerra ad oggi sono all’incirca una sessantina i casi di rinvio alle Camere e da un sommario esame – che ovviamente ho anche un po’ approfondito nelle ultime settimane – non è mai capitato in passato che una legge in materia di diritto del lavoro sia stata oggetto di tale procedura extra ordinem.
Come mai, è lecito domandarsi, solo oggi e solo ora il Presidente della Repubblica ha ritenuto di dover rinviare alle Camere un provvedimento in questa materia? Il quesito a mio avviso – lo dico con grande modestia e con grande rispetto per la qualità e le capacità del relatore Cazzola – trova una risposta proprio nell’impostazione politico-culturale che pervade la legge ed è stata esplicitata in maniera chiara e netta dallo stesso relatore, seppure a titolo personale (non so cosa significhi parlare a titolo personale in qualità di relatore: credo che ognuno di noi parli anche in ragione e in virtù del ruolo politico che ricopre).
Secondo il relatore Cazzola non esistono più ragioni che giustifichino la specialità del diritto del lavoro, il quale deve rientrare nell’alveo del diritto dei privati e del diritto commerciale in particolare, con il corollario che il contratto di lavoro non ha più alcun elemento di differenza e di peculiarità rispetto agli altri contratti. Questa strategia di recupero della dimensione privatistica del diritto del lavoro sta all’origine del rinvio, lo si legge chiaramente nelle parole del nostro Presidente e lo diciamo con grande umiltà: in qualche modo erano cose che avevamo preconizzato nell’ambito delle varie letture, sia alla Camera sia al Senato, del provvedimento in esame.
Questa strategia di recupero della dimensione privatistica del diritto del lavoro si traduce in una serie di conseguenze, che tento di sintetizzare in quattro punti: si vuole cristallizzare in modo incontrovertibile la volontà delle parti durante la genesi del contratto attraverso la diffusione, promozione e imposizione dell’istituto della certificazione; in secondo luogo si vuole limitare l’opera del giudice, riservandogli un ruolo meramente notarile; in terzo luogo si incentiva l’accesso a strumenti di composizione alternativa delle controversie, con una spiccata preferenza per l’arbitrato e non vi sarebbe nulla di male, se non fosse che questo arbitrato è un arbitrato secondo equità, è un arbitrato sostanzialmente obbligatorio se non si apprestano adeguate misure volte a garantire l’effettiva libertà di scelta dei lavoratori; in ultimo si vuole complicare – complicare oltremodo, io dico – l’accesso alla tutela giurisdizionale, introducendo termini di decadenza particolarmente brevi per l’esercizio dell’azione giudiziaria, con riferimento ad azioni specifiche, ad esempio in materia di licenziamento.
Il paradosso di questa scelta è che per esercitare un diritto di credito vi saranno tempi molto più lunghi e quindi paradossalmente tuteleremo più un diritto di credito rispetto al diritto del lavoratore licenziato di veder accertata l’eventuale illegittimità del licenziamento subito.
Con riferimento al messaggio del Presidente della Repubblica, rivendichiamo – lo ripeto – con orgoglio e con umiltà, che molte delle considerazioni e delle ragioni che abbiamo posto a fondamento delle proposte emendative presentate al provvedimento in oggetto sono sostanzialmente analoghe alle ragioni che hanno indotto il Presidente a rinviare il provvedimento alla Camera. Diciamo questo – lo ripeto – con grande rispetto per le scelte del Parlamento, ma con altrettanto rispetto per le ragioni che hanno indotto il Presidente della Repubblica ad operare questa scelta.
Non abbiamo rintracciato, allo stesso modo, un atteggiamento di rispetto da parte della maggioranza. La sensazione che abbiamo avuto in tutti i passaggi è stata che, a fronte di un formale ossequio rispetto al ruolo, alle funzioni e al messaggio del Presidente della Repubblica, vi sia stata una sostanziale noncuranza.
La maggioranza – è ovvio – si fa forte del fatto che il Presidente della Repubblica non potrà far altro che promulgare il provvedimento per come verrà approvato. Tuttavia, ritengo che sarebbe stato utile cogliere pienamente quest’occasione per riflettere sul provvedimento in oggetto, rivederlo e riesaminarlo nel suo complesso, riconsiderandone i limiti (ed anche i pregi) e tentando di valorizzare gli ultimi e limitare gli altri.
Sono state apportate alcune modifiche, è inutile negarlo: esse sono un risultato da ascriversi al merito del Presidente della Repubblica ed anche alle scelte operate dalla maggioranza. Sono state espunte alcune parole dall’articolo 30 della norma in questione; in materia di arbitrato secondo equità, si è inserito l’obbligo di rispettare i principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari. Mi permetto, tuttavia, di chiedere al relatore, al Presidente, al rappresentante del Governo e a chi vorrà rispondermi, di spiegarmi Pag. 15quali siano i principi regolatori della materia in diritto del lavoro: sfido chiunque a darmi una definizione che consenta veramente di comprendere di cosa stiamo parlando.
Inoltre, abbiamo escluso le controversie in materia di risoluzione del contratto. Anche in questo caso – è vero – tali controversie sono, certamente, molto delicate, ma non credo che siano le uniche che meritino attenzione.
Se vi sono dubbi in ordine all’efficacia dell’arbitrato secondo equità, con riferimento all’arbitrato tout court e alle controversie in materia di risoluzione del contratto, tali dubbi dovrebbero esservi anche con riferimento a tante controversie che sono di pari importanza. Si pensi alle controversie in materia di risarcimento del danno conseguente al mancato rispetto della disciplina in materia di salute e sicurezza. Da anni, vi sono incidenti e difficoltà che possono derivare per i lavoratori: ebbene, queste controverse potranno tranquillamente essere oggetto di decisioni di carattere arbitrale. Il dubbio è legittimo e l’esclusione delle sole controversie in materia di risoluzione del contratto non risolve il problema.
Con riferimento alla clausola compromissoria, si dice che oggi essa non potrà più essere sottoscritta all’atto della conclusione del contratto, e ciò rappresenta una garanzia. Credo, però che, nemmeno da questo punto di vista, sia stata data una risposta adeguata ai dubbi, alle perplessità e al messaggio del Presidente della Repubblica. Il vero tema è che bisogna garantire la libera scelta dell’arbitrato: non può essere imposto ab origine, al momento dell’instaurazione del rapporto. Se lo si fa trenta giorni dopo, cambia poco
La clausola compromissoria andrebbe sottoscritta – in questo senso, abbiamo presentato un apposito emendamento – nel momento in cui vi è una controversia. In altri termini, quando si manifesta la controversia, cioè un conflitto tra datore di lavoro e lavoratore, in quel momento, le parti potranno liberamente scegliere l’arbitrato, sottoscrivere una clausola compromissoria e deferire ad arbitri la decisione in materia.
Al di là di queste risposte parziali e limitate, che comunque rappresentano un risultato importante del rinvio da parte del Presidente della Repubblica, credo che si sia mancata l’occasione di dare la risposta al tema che pone il Presidente: è compito del legislatore garantire al lavoratore la possibilità di scegliere in maniera libera e consapevole come tutelare i propri diritti? Noi crediamo che sia una delle responsabilità che attengono al nostro Parlamento e che riguardano la nostra politica. Inoltre, manteniamo la nostra convinzione che vi sia un’ontologica diversità tra diritto del lavoro e diritto dei contratti, in quanto nel diritto del lavoro una parte mette in gioco l’avere, l’altra mette in gioco l’essere. Non sono io a dirlo, professor Cazzola, lo dice Santoro Passarelli, vale a dire uno dei principali artefici del diritto del lavoro italiano.
Su questa strada ci siamo mossi nella predisposizione degli emendamenti, tutti tesi ad assicurare al lavoratore effettiva libertà di scelta e ad escludere in radice il rischio che il lavoratore venga posto dinanzi all’alternativa «o la borsa o la vita»: o tuteli i tuoi diritti o perdi l’occupazione.
Ben fatto caro Giuseppe, la tutela del lavoratore, parte debole dei contratti di lavoro, è e resta, secondo me, uno dei cardini fondamentali della nostra democrazia e della nostra cultura!!
Avanti così e complimentoni!!!
Come dice il titolo di un bel film di Ken Loach di qualche anno fa, “grazie, signora Thatcher”!
Davvero per questa gente un operaio è semplicemente un pezzo di carne da macinare, non capirò mai come abbiamo fatto a scivolare così in basso.
Meglio forse la vecchia arida dottrina marxista che non ha risolto un bel nulla in 70 di strapotere?!?
L’approccio metafisico al problema dell’ultraliberismo non mi sembra il migliore possibile francamente.
Un intervento da applausi, Giuseppe caro, potrei sottoscriverne ogni parola.
L’attacco ai diritti dei lavoratori portato avanti da questo governo è vergognoso. Del resto, sono convinto che il Behemoth capitalista da decenni ormai stia semplicemente cercando di reintrodurre la schiavitù. Null’altro. Perché? Perché il Capitalismo si nutre del dolore degli innocenti, semplice. Sarà una ingenua visione romantica delle cose la mia, ma su di un argomento devastante per l’esistenza delle persone come il lavoro credo che un po’ di sano manicheismo non guasti. Cercano di prendersi le nostre vite e non devo pensare che siano il Male?!?
Per Cazzola quindi “non esistono più ragioni che giustifichino la specialità del diritto del lavoro”. Tutta qui la filosofia del Pdl. E’ questo il reale loro obiettivo, abbattere progressivamente ogni diritto dei lavoratori.