Sono stato fra i relatori al convegno. Vi propongo il mio intervento.
Il governo del fare annunci.
Berlusconi durante la campagna elettorale aveva terminato la propria propaganda dedicandosi alla casa. All’annuncio che avrebbe abolito l’ICI.
Questa è l’unica promessa mantenuta ed allo stesso tempo è l’unico provvedimento che riguarda la casa di questo Governo.
Per il resto abbiamo assistito soltanto a roboanti annunci che poco o nulla hanno realmente prodotto.
Bisogna innanzitutto ricordare quanto sia costato mantenere quella promessa.
Pagata con fondi- destinati ad infrastrutture nel mezzogiorno, con i fondi che i comuni utilizzavano per i servizi e l’assistenza (compreso il sostegno all’affitto). Un’enorme spot che ha drenato risorse quindi dai redditi bassi (già esonerati dal pagamento dell’ICI grazie al governo Prodi) verso quelli medio alti.
Dal sud, che ha perso le infrastrutture, al nord dove si registrano i redditi più alti.
Contemporaneamente è stato messo da parte quanto sulle politiche abitative il centrosinistra aveva fatto. Iniziando innanzitutto una fattiva collaborazione con gli enti locali, le associazioni degli inquilini, dei proprietari e dei costruttori che avrebbe consentito di mettere in campo tutte le misure necessarie per affrontare l’emergenza abitativa.
Quello della consultazione è uno strumento faticoso, che non permette di fare annunci ma che grazie al confronto si arricchisce del contributo di quanti poi saranno chiamati a fare i conti con i provvedimenti che si varano.
Il governo del centrodestra, in piena solitudine, ha deciso che avrebbe realizzato il Piano casa, annunci roboanti, decreti e disegni di legge in tutte le forme, compreso qualcuno rimasto apocrifo.
Doveva essere il centro della strategia per affrontare la crisi economica, avrebbe consentito il rilancio dell’edilizia e consentito a chi aveva una casa di averne un poco di più.
Si annunciava che si sarebbero messe in moto risorse per 60 miliardi di euro e si sarebbero creati posti di lavoro a migliaia e migliaia.
Ovviamente non è avvenuto nulla di tutto questo: non è stato spostato un solo mattone, non è stato creato un solo posto di lavoro, non è stato speso un solo euro!
Perché mentre con il piano casa, nell’idea del Governo, si sarebbe potuto fare di tutto, calando nella realtà quello che è stato annunciato ci si è accorti, in alcuni casi, che non proprio tutto è realizzabile, in termini di ampliamenti, e nella stragrande maggioranza dei casi non è possibile fare nulla.
Il grande patrimonio immobiliare italiano ha bisogno innanzitutto di essere tutelato, conservato e valorizzato.
Se il piano casa si fosse realizzato come era nelle iniziali intenzioni del Governo avremmo assistito ad una massiccia cementificazione, che avrebbe procurato soltanto danni.
Che avrebbe impoverito il nostro patrimonio, non lo avrebbe arricchito.
Gli analisti erano tutti d’accordo nel dire che il patrimonio immobiliare italiano aveva bisogno di ben altro.
Le tragedie de L’Aquilia, di Favara, di San Fratello, di Caronia lo hanno drammaticamente confermato.
In Italia i centri storici vengono tendenzialmente abbandonati al degrado e soffrono di una fragilità che ha bisogno di tutt’altro che di essere violentati con ampliamenti sconsiderati.
E’ giunta poi, drammaticamente la crisi economica che ha aggravato pesantemente le condizioni delle famiglie monoreddito e dei salariati.
La percentuale di italiani che si vedono preclusa la possibilità di accedere ai mutui ed alla locazione è aumentata vertiginosamente.
Spesso citiamo gli studi che dimostrano quanto siano bassi i salari in Italia. Se confrontiamo i salari con i costi per la casa, ci accorgiamo di quanto sia urgente mettere mano ad una serie di riforme che rendano il “bene casa” accessibile ad una più vasta platea. Ad oggi ne sono totalmente esclusi i giovani (sia single che in coppia), gli extracomunitari, e le donne.
Questo disagio diffuso, soprattutto nelle grandi città, negli anni ha assunto dimensioni preoccupanti che sono diventate esplosive con l’aggravarsi della crisi economica.
Il numero delle famiglie che utilizza un terzo del proprio reddito per l’affitto è arrivato a Roma al 63,7% delle famiglie, a Firenze e Milano supera il 60%, a Bologna supera il 50%, Al sud la situazione è migliore ma non buona a Palermo 46,9%.
E queste sono famiglie che sono costrette ad indirizzarsi al mercato della locazione perché gli è totalmente preclusa la possibilità di accendere un mutuo.
Si verificata una stretta nel settore del credito, sono diminuiti gli importi erogati, la selezione è diventata rigorosissima, si è abbassata la durata media, e si sono notevolmente allungati i tempi di erogazione.
Sorvoliamo sul fatto che il sistema creditizio italiano propone, in una fase di contrazione dei tassi, solo mutui a tasso variabile.
Essendo bassi i tassi potranno solo crescere.
Così come sorvoliamo sulla politica adottata nei confronti dei giovani lavoratori atipici, a cui viene richiesta la firma dei genitori (anche a chi ha superato i 35 anni!).
Questi sono i giovani a cui prima abbiamo precluso un futuro previdenziale, poi la stabilità lavorativa e a cui viene sostanzialmente preclusa qualunque possibilità di costruire un progetto di vita.
Quello dell’impossibilità di accedere al mercato delle locazioni rappresenta non solo una emergenza sociale ma un tema che incide sulla qualità della vita delle nostre città.
Perché se i giovani e le famiglie sono costrette a fuggire dai centri storici, la creazione di “ghetti” in cui non vi sono servizi, spazi di socialità devono rappresentare un allarme.
Nel 1991 l’affitto di un appartamento di 70 metri quadri in periferia constava il 12,5% del salario medio, oggi per affittare lo stesso metro quadro occorre spendere il 27,8% del salario.
Il centro delle città è dedicato agli affitti per gli studenti e per i giovani, con locazioni per lo più in nero ed a prezzi altissimi che ha fatto registrare l’aumento del fenomeno della coabitazione tra gli under 35.
Di fronte a tutto questo quali sono le politiche del Governo?
Non si hanno notizie. Noi credo dovremmo ripresentare con forza le proposte del Governo Prodi che rimangono efficaci ed urgenti nella loro realizzazione.
È inderogabile creare delle agenzie per la locazione che consentano di far incontrare domanda ed offerta. Questa funzione è troppo importante per essere delegata alle agenzie private. Si sono create troppe zone grigie in cui chi ha bisogno di una casa in affitto a pochi spazi per negoziare e chi loca si sente abbandonato e poco tutelato.
Agenzie, gestite dai comuni, potrebbero favorire l’accesso al mercato della locazione alle famiglie in condizione di emergenza abitativa e potrebbero svolgere un ruolo di garanzia nei confronti dei proprietari che locano ai soggetti individuati dai comuni.
Non è tollerabile che esistano percentuali tanto alte di contratti in nero.
È indifferibile l’introduzione della cedolare secca al 20% per i proprietari e l’introduzione della totale deducibilità dell’affitto da parte degli inquilini sulla denuncia dei redditi.
Va promosso un censimento delle case sfitte di proprietà pubblica, di enti pubblici o assimilabili perché vengano utilizzati dai comuni per affrontare l’emergenza abitativa. Secondo l’ANCI ci sarebbero 4 milioni di immobili sfitti. A fronte di 650 mila richiedenti per le case popolari.
Si potrebbe in questo modo aiutare i comuni in questo difficile compito che gli viene delegato senza che ne abbiano i mezzi e gli strumenti per risolverli e varando un pian oche consenta di utilizzare tutti questi immobili sfitti di aumentare l’offerta d abitazioni per calmierare le locazioni e per rivitalizzare i centri storici, in cui questi immobili si trovano in maggior parte.
L’edilizia pubblica è, di fatto bloccata, le risorse destinate a questi obiettivi sono arrivate in ritardo, sono poche e sono state SCANDALOSAMENTE destinate in maggioranza alle regioni del nord ovvero a quelle che sono chiamate al voto. Non si possono affrontare questioni di tale importanza per farne oggetto di propaganda.
Negli ultimi anni sono stati costruiti soltanto 2.000 alloggi popolari contro i 30.000 che si costruivano negli anni ’80.
Il confronto con gli altri paesi europei ci dice quanto questa scelta sia sbagliata. In Italia l’edilizia popolare rappresenta il 4% a fronte di una media comunitaria del 20% e di fronte a quote altissime come quella dell’Olanda (36%).
C’è un modello quello del comune di Parigi, ultimamente utilizzato grazie ad un escamotage, a Roma che riconosce ai comuni il diritto di prelazione per l’acquisto degli immobili nei centri storici. In Francia stanno correndo ai ripari rispetto alle vecchie politiche che portarono alla creazione delle banlieue. Che sono l’approdo cui si giungerà in assenza di politiche.
Non mancano, in giro per l’Europa buone pratiche che potrebbero essere utilmente applicate in Italia. Il governo ne scelga una a caso. Faccia qualcosa.
Vi propongo il link alla petizione online per una proposta di legge di iniziativa popolare per la Regione Lazio.
Mi è sembrata una lettura molto interessante che mi sembra doveroso condividere. Vogliamo parlarne anche da noi?
Dicono di aver cose più importanti da fare…
Se c’è un diritto calpestato in questo paese è proprio quello di avere un tetto sopra la testa. Vergognosi tutti quanti, vergognosi! Dal governo a chi dovrebbe controllare. Lo sanno tutti a Roma le condizioni di sfruttamento degli studenti fuori sede. Perché la Guardia di Finanza non fa controlli seri e denuncia gli “usurai” che lucrano sul bisogno dei ragazzi?!?
Al sud ancora non siamo a questi livelli, ma è scandaloso quello che passa uno studente per tirare a campare e dove è costretto a vivere.
Ma vogliamo parlare di quel che deve subire uno studente fuori sede? Credo ovunque in Italia, dalle Alpi alle piramidi o quasi. A Roma ormai occorrono 400 euro per una stanza in periferia se 6 studente.
Tanto a loro che cosa importa? I loro figli mica hanno da soffrire per trovare un tetto e magari sposarsi. Sono indecenti con questo piano casa, la legittimazione finale dell’abusivismo.