Quanti euro dello Stato vanno alle banche: ZERO. Quanti euro del sistema di credito va allo Stato: 2,163 Mld di acconti e addizionali IRES e IRAP, più 1 Mld di nuovi introiti fiscali. VI SPIEGO IL PERCHÉ.
PRIMA MISTIFICAZIONE. IL GOVERNO PRIVATIZZA BANCA D’ITALIA. FALSO.
La Banca d’Italia non è mai stata statale, ma proprietà degli istituti bancari e assicurativi che l’hanno costituita.
SECONDA MISTIFICAZIONE. IL GOVERNO METTE NELLE MANI DEI CONTROLLATI (LE BANCHE) IL CONTROLLORE (BANCA D’ITALIA)
Come ho già evidenziato, il capitale di Banca d’Italia è sempre stato nelle mani dei privati, anzi con la riforma si riduce il peso dei singoli azionisti. Non c’è alcun pericolo che i controllati (le banche) controllino il controllore (la Banca d’Italia esercita la vigilanza sui mercati del credito e delle assicurazioni), perché la Banca d’Italia resta Istituto di diritto pubblico e i soci di capitale non hanno alcun potere sulla governance dell’istituto e sulla gestione delle attività istituzionali della Banca.
Oggi più del 50 per cento è in mano a Intesa San Paolo e Unicredit.
I SINGOLI AZIONISTI HANNO L’OBBLIGO DI SCENDERE AL 3% DELLE AZIONI.
Grazie alla riforma nessuno potrà possedere più del 3 per cento delle azioni di Banca d’Italia. Gli azionisti che oggi ne possiedono di più dovranno vendere. Potranno comprare, oltre a banche e assicurazioni, anche le Fondazioni ex bancarie e i fondi pensione, con la limitazione che deve trattarsi di società aventi sede legale in Italia.
TERZA MISTIFICAZIONE. IL GOVERNO REGALA SOLDI ALLE BANCHE.FALSO.
SI ABBASSA LA SOGLIA MASSIMA DEGLI UTILI POSSIBILI PER GLI AZIONISTI.
La riforma è intervenuta anche sulla distribuzione dei dividendi agli azionisti.
Il capitale della Banca d’Italia ammontava a 156 mila euro, la cifra stabilita nel 1936 e mai aggiornata.
Lo statuto del ’36 prevedeva la distribuzione di utili agli azionisti nella misura massima del 4 per cento delle riserve della Banca, circa 600 milioni: l’ultimo dividendo distribuito è di 70 milioni che su 156 mila euro di capitale equivaleva a un tasso di rendimento superiore al quattromila per cento!
LA RIFORMA RIVALUTA IL CAPITALE A 7,5 MLD. NESSUN REGALO ALLE BANCHE, NON UN CENTESIMO DELLA RIVALUTAZIONE VERRÀ DALLO STATO.
La riforma è intervenuta su un punto fondamentale: rivaluta il capitale originario stabilito nel 1936 e separa il calcolo dei dividendi dalle riserve.
La nuova regola è che agli azionisti verrà riconosciuto un rendimento non superiore al 6 per cento del capitale investito (non più, quindi, delle riserve), il massimo dei dividendi attribuibili in futuro è di 450 milioni, una cifra inferiore al massimo oggi raggiungibile.
I 7,5 miliardi derivanti dalla rivalutazione rafforzano il patrimonio del sistema bancario. Questo risultato senza spendere neanche un euro del bilancio pubblico.
I proprietari delle azioni rivalutate le venderanno sul mercato per scendere al 3 per cento: i soldi che andranno alle banche verranno dal mercato, non dallo Stato.
Rafforzare la patrimonializzazione dei nostri istituti di credito rappresenta un interesse generale, poiché è una misura che tutela, non solo le banche, ma soprattutto i risparmi dei cittadini. I paesi che hanno fatto fallire i propri istituti di credito hanno messo sul lastrico migliaia di risparmiatori.
QUARTA MISTIFICAZIONE. IL GOVERNO HA UTILIZZATO UN DECRETO CHE METTE INSIEME MATERIE DIVERSE (IMU E BANCA D’ITALIA). SPIEGO IL PERCHÉ!
La copertura finanziaria per l’abolizione della rata IMU prima casa è stata messa a carico del settore creditizio, finanziario e assicurativo, nonché della stessa Banca d’Italia, con l’aumento per tali soggetti degli acconti IRES e IRAP e con un’addizionale straordinaria alle aliquote IRES, per un totale di 2,163 miliardi nel 2013 e 1,5 nel 2014.
Da un lato, quindi, abbiamo chiesto uno sforzo al settore, dall’altro gli si concede il beneficio indirettamente derivante dalla rivalutazione delle azioni della Banca centrale.
DALLA RIVALUTAZIONE 1 MLD DI INTROITO FISCALE AGGIUNTIVO ALLO STATO
Peraltro, dalla rivalutazione emergerà un introito fiscale aggiuntivo di circa un miliardo per il bilancio dello Stato.
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