Ieri a Catania, nella Facoltà di Economia, l’incontro con Giorgio La Malfa.
Un bilancio negativo, con dati preoccupanti sull’incidenza delle medie e grandi imprese nel Mezzogiorno. Un quadro ancora più allarmante per la Sicilia, ma con importanti potenzialità: le medie e grandi imprese del Sud non sono in perdita, anzi hanno una redditività simile a quelle del Nord. E’ questa, in estrema sintesi, la fotografia del quarto rapporto sulle imprese industriali nel Mezzogiorno realizzato dalla Fondazione Ugo La Malfa, di cui abbiamo discusso ieri pomeriggio a Catania assieme all’economista ed ex parlamentare nazionale Giorgio La Malfa. Ne abbiamo parlato nell’Aula Magna della facoltà di Economia, in occasione dell’incontro su “Le imprese industriali del Mezzogiorno 2008-2013. Ritracciare i percorsi di accumulazione del capitale”. All’iniziativa, organizzata dalla Fondazione e dall’Ateneo catanese, ho partecipato assieme a Maurizio Caserta, professore ordinario di Economia politica, al vicedirettore generale del Credito Siciliano Bruno Messina, all’imprenditore Seby Costanzo, al Cavaliere del lavoro e Presidente della Ntet Spa Francesco Tornatore, all’avvocato internazionalista Nicola Platania e a Niccolò Notarbartolo, dottore commercialista.
La fotografia scattata dalla Fondazione Ugo La Malfa è nitida “e purtroppo i dati sono impietosi” ha detto La Malfa. Le imprese medio-grandi sono 3400 in tutta Italia, nel Mezzogiorno soltanto 274. In sostanza, nella provincia di Brescia ci sono più medie e grandi imprese che nelle otto regioni del Meridione – ha spiegato La Malfa – e sono concentrate soprattutto in Campania, Abruzzo e Puglia. Solo 33 le medie e grandi imprese siciliane, che in totale occupano appena 15 mila dipendenti. Un quadro negativo, ma le possibilità di ripartenza ci sono visto che le imprese del Mezzogiorno esistenti sono redditizie tanto quanto quelle del Nord, esportano e guadagnano – ha concluso l’economista – Serve dunque grande determinazione della politica, per invertire la tendenza, puntando in particolare sulle Università e sull’accesso al credito.
Per il prof. Caserta, anche se l’economia siciliana produce meno di quanto potrebbe, il Pil prodotto da ogni lavoratore è sostanzialmente uguale alla media del resto del Paese: chi fa impresa in Sicilia riesce a farlo e a farlo bene, il problema è che sono in pochi – ha detto Caserta – E’ una contraddizione apparente: il terreno è fertile ma difficile da raggiungere.
A mio avviso il rapporto sulle imprese del Mezzogiorno conferma la pesante fase di deindustrializzazione del Mezzogiorno ma ci dà informazioni utili quali la forte competitività delle aziende presenti nel Sud, che ce la fanno e vanno bene nonostante le difficoltà e le barriere aggiuntive, non ultime quelle infrastrutturali. Io credo che per spiegarci il perché dei fallimenti delle politiche industriali nel Sud dobbiamo guardare al ruolo negativo esercitato dalla politica: abbiamo bisogno di più imprese, più mercato, meno politica che ingombri ambiti che non le competono. La politica si occupi sempre meno di fare impresa e cerchi invece di incoraggiare gli imprenditori che hanno voglia di investire. Noi abbiamo la responsabilità di un approccio diverso della politica, che deve volere persone libere e in grado di svolgere il proprio compito di imprenditori e di cittadini.
Per Bruno Messina (Credito Siciliano) i dati sui consumi, gli investimenti, esportazioni e importazioni e Pil sono tutti in calo negli ultimi anni, ma ci sono segnali di ripartenza di un ciclo virtuoso, grazie anche ad interventi del Governo nazionale sulle agevolazioni finanziarie. Per l’imprenditore Seby Costanzo “abbiamo tante cose positive da mettere in risalto: il nostro know how, le nuove generazioni di trentenni, un ampio mercato interno, le nostre risorse naturali, il turismo, il rinnovamento sociale, le tecnologie dell’informazione e nuovi sistemi di accumulazione del capitale diffuso quali il crowdfunding. A portare la propria esperienza personale è stato il cav. Francesco Tornatore, presidente della Ntet, una di quelle medie imprese prese in considerazione dal rapporto della fondazione La Malfa, mentre l’avv. Platania ha puntato l’attenzione sull’urgenza di metterci al pari degli altri Stati europei, in un mercato globale. La totale assenza di politiche di sviluppo ha lasciato il nostro territorio impoverito – ha sottolineato Notarbartolo – ma c’è speranza e il cambiamento è possibile.
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