Stamattina ho avuto il privilegio di partecipare all’intermeeting dei Lions etnei. Abbiamo parlato del ruolo della Sicilia nel bacino del Mediterraneo. Ecco il mio contributo al dibattito.
Mai come in questi ultimi anni il bacino del Mediterraneo è stato attraversato da profondi cambiamenti e da una serie di minacce che rischiano di mutarne sensibilmente la fisionomia e gli equilibri.
In un contesto così fluido e segnato da continui cambiamenti, per i Paesi del Mediterraneo e per le istituzioni internazionali, si pongono nuove ed impegnative sfide. Si gioca una partita decisiva perché le trasformazioni in atto possano essere definite crisi o opportunità, per rilanciare e rafforzarne i processi di integrazione euro-mediterranea e per favorire la ripresa economica della regione.
Al nostro Paese spetta un ruolo centrale nell’area Mediterranea, per contribuire, al tempo stesso, a mitigarne la volatilità e a sostenerne la crescita politica, economica e sociale. Occorre rivedere tutto il rapporto tra Europa e Africa e tra Europa e Medio Oriente. Ci sono Paesi che ancora resistono e che vanno supportati ed altri e che sono in enorme difficoltà, con milioni di persone in cammino, che fuggono da guerre, da povertà e dittature. Il Mediterraneo è la nostra area geografica di riferimento, a questa zona dobbiamo guardare con speranza, senza la paura che siano paesi troppo complicati.
Per la Sicilia, per la mia generazione l’Europa ha rappresentato un sogno, un traguardo – anche culturale – ambizioso da raggiungere, dopo un secolo segnato da guerre e divisioni. Oggi giochiamo la grande sfida di fare dell’Europa il sogno di una nuova generazione, di una nuova classe dirigente dei paesi africani. L’Europa ha vinto, è stata credibile e ha raggiunto grandi risultati quando ha perseguito la strada dell’allargamento, senza timori e senza paure. Oggi si pone il grande tema del confronto con il continente africano.
Nel 2014 l’Unione Europea sarà guidata prima dalla Grecia e poi dall’Italia.
Si tratta di una grande opportunità per il Mediterraneo, che potrà ritrovare il protagonismo perduto in questa ultima fase politica. La Presidenza di turno dell’UE , che l’Italia eserciterà nel secondo semestre del 2014, sarà in particolare l’occasione per porre la politica euro mediterranea al centro dell’agenda europea. Sarà un anno impegnativo in cui l’Europa potrà ritrovare la strada smarrita. L’Europa dev’essere crescita, opportunità, futuro e non solo austerità, che è uno strumento e non l’obiettivo delle politiche economiche.
Proprio in queste ore il presidente Letta ha ribadito “di sola austerità si muore”. Muore la speranza, l’idea stessa di Europa, pensata come occasione di sviluppo e di crescita. Il Mediterraneo non è un optional, ma rappresenta opportunità per tutta l’Europa. Non abbiamo soluzioni miracolose, ma possiamo imporre, innanzitutto, la priorità dell’attenzione per il Mediterraneo. In questo la Sicilia, anche grazie alla sua tradizione storica, alla sua posizione strategica e alle opportunità che il suo statuto le concede, può svolgere un ruolo primario. Serve una nuova politica europea verso l’Africa e il Medio Oriente. La politica europea messa in campo in questi ultimi venti anni è stata un fallimento. Abbiamo scontato, innanzitutto, l’assenza di una politica estera comune dell’Unione Europea.
Si pone con urgenza la necessità, per l’Europa, di essere più unita ed efficace. L’Ue deve aggiornare la sua strategia comune -ferma a quella elaborata nel 2003 – per contare di più nelle sfide globali. Serve una nuova strategia per l’immigrazione. Il Mar Mediterraneo non deve essere un mare di morte, ma di vita e di scambi. Il Governo non si è limitato alle parole, ci siamo impegnati in Europea perché mutasse radicalmente l’attenzione verso la sponda sud del Mediterraneo, ottenendo importanti risultati. Ce lo impone il ricordo recente ed indelebile delle 365 vittime del naufragio di Lampedusa: la più terribile tragedia registrata nella triste storia dell’immigrazione sulle nostre coste. Una storia fatta di troppe tragedie come queste, di sofferenze immani di uomini, donne e bambini, a cui dobbiamo porre termine con uno sforzo di volontà politica che deve essere espresso dall’Europa e non può essere lasciato nella sola responsabilità dei Paesi di frontiera. L’Europa non può stare a guardare. Se lo fa decide di non avere più un ruolo. L’Europa ha la solidarietà nel proprio DNA.
Quella di oggi è un’Europa che sembra aver smarrito la sua anima, che ha scritto la parola solidarietà nei trattati ma poi non riesce a esercitarla.
Grazie all’impegno del Governo italiano è stato rilanciato il programma di sorveglianza Eurosur, rafforzato il Frontex; puntiamo adesso a politiche comuni di asilo e immigrazione, e a un dialogo proficuo con i Paesi del Mediterraneo. Ci siamo impegnati per una Sicurezza comune. E insieme a questa per rapporti economici, investimenti e strumenti del credito, per la crescita della piccola impresa, il lavoro, l’educazione in un’ottica di collaborazione piena fra le sponde del Mediterraneo.
Il semestre italiano di presidenza europea punterà sulla crescita. Abbiamo già chiesto all’Unione Europea e continueremo a farlo, di passare dalle politiche di austerità a quelle per la crescita:
Finisce un anno caratterizzato dai temi dell’austerità e del consolidamento fiscale, e l’Europa ha sofferto di tutto questo. Obiettivo del semestre italiano è di far scattare la parola crescita come parola guida in Europa, Perché vogliamo un’Europa diversa, migliore, basata sulla crescita.
Vogliamo un’Europa più integrata e a ciò lavoriamo. Nel 2014 deve iniziare una fase nuova: la fase del rilancio dell’idea di Europa. Le elezioni europee della prossima primavera debbono rappresentare la cesura fra un’Europa che ha guardato ai conti ed una che, senza rinunciare al rigore, sappia riaccendere le speranze delle origini. Sarà questo il modo per sconfiggere gli euroscettici e rilanciare l’idea di un’Europa di Popoli che possa sconfiggere l’idea, che purtroppo trova sempre nuovi adepti, di un’Europa di populisti. In questo quadro la Sicilia non è la periferia dell’Europa, ma ne diventa un suo avamposto strategico. A poche ore di volo o di navigazione da noi, è in corso un cambiamento epocale: è un grande rischio e una magnifica opportunità. Per tutti. Perché prevalga la seconda opzione è necessario un sostegno condiviso alle istituzioni democratiche e al rilancio economico. Perché il Mediterraneo torni ad essere quel ponte ideale di culture e civiltà che ha caratterizzato per lungo tempo la nostra storia comune. Questa può essere la missione che può rilanciare il ruolo strategico della Sicilia e delle sue istituzioni, per fare del Mediterraneo uno spazio comune di sviluppo civile, economico e culturale.
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