Ho partecipato oggi a Roma, in veste di relatore, ad un interessante seminario di studi organizzato dall’Associazione Lavoro&Welfare e da Assolavoro. Un seminario “tecnico” su “Riforma del lavoro e agenzie: tra competitività e tutele” ma che ha affrontato argomenti molto importanti per i lavoratori.
E’ stata un’occasione, infatti, per fare il punto sullo stato del lavoro somministrato, anche alla luce delle ultime novità introdotte nel decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva comunitaria 2008/104/Ce, approvato nell’ultimo Consiglio dei ministri del 24 febbraio. Novità che nello specifico riguardano questioni come la parità di trattamento, l’accesso all’occupazione, l’equiparazione tra lavoratori interinali e lavoratori dipendenti dall’impresa in cui si presta il servizio.
Nel mio intervento – preceduto e seguito da relatori importanti come, per citarne solo alcuni, Cesare Damiano, Giuliano Cazzola e Roberta Bortone, docente di Diritto del Lavoro a La Sapienza – ho approfondito il rapporto tra la normativa comunitaria e il diritto del lavoro italiano. Un rapporto fatto di luci e ombre, come ho avuto modo di dire, per un decreto legislativo che a mio parere lascia insoluti alcuni problemi non secondari rappresentando un’occasione mancata.
A) Introduzione
La somministrazione di manodopera è ritornata al centro del dibattito politico parlamentare grazie alla direttiva 2008/104, direttiva, com’è noto in corso di attuazione tramite decreto legislativo ai sensi dell’art. 1, comma 3 della legge n. 96 del 2010.
In verità i profili di novità contenuti nel decreto legislativo di prossima emanazione, rispetto al d.lgs. n. 276 del 2003, sono piuttosto limitati e li ha tratteggiati la prof.ssa Bortone in modo approfondito.
In sostanza sono previste :
1) Le definizioni di “missione” e di “condizione di base e d’occupazione” (art. 2);
2) Alcune modifiche all’apparato sanzionatorio (art. 3);
3) Alcune modifiche formali coerenti con la introdotta definizione di missione (artt. 4, 5);
4) L’introduzione della possibilità di assumere lavoratori interinali a part-time (art. 6);
5) La specificazione del principio di parità di trattamento tra lavoratori del somministratore e dell’utilizzatore (art. 7);
6) L’introduzione del diritto dei lavoratori dipendenti dal somministrazione ad essere informato dall’utilizzatore dei posti vacanti presso quest’ultimo (art. 7).
Un’attenzione specifica merita la lettera dell’art. 4, che così testualmente recita:
“ dopo il comma 5-bis sono aggiunti i seguenti:
“5-ter. Le disposizioni di cui al comma 4 del presente articolo non operano qualora il contratto di somministrazione preveda l’utilizzo:
a) di soggetti comunque percettori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno sei mesi. Resta comunque fermo quanto previsto dall’articolo 8, commi 4 e 5, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 1988, n. 160;
b) di lavoratori definiti ‘svantaggiati’ o “molto svantaggiati” ai sensi dei numeri 18) e 19) dell’articolo 2 del regolamento (CE) 6 agosto 2008, n. 800. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, si provvede all’individuazione dei lavoratori di cui alle lettere a), b) ed e) del n. 18 dell’articolo 2 del suddetto regolamento (CE) n. 800/2008.
5-quater. Le disposizioni di cui al primo periodo del comma 4 del presente articolo non operano nelle ulteriori ipotesi individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.”.
In sostanza si inciderebbe sull’art. 20 del d.lgs n. 276 del 2003 facendo venir meno l’obbligo di collegare la somministrazione di manodopera a ragioni di carattere tecnico, organizzativo,produttivo o sostitutivo, nel caso in cui ad essere utilizzati siano lavoratori percettori di trattamento correlato ad un ammortizzatore sociale, ovvero svantaggiati o molto svantaggiati.
Rispetto a tale norma è necessario esprimere dubbi sia di ordine formale che sostanziale.
Di essa, infatti, non vi era traccia nella bozza inviata alle Camere per il prescritto parere.
Ma cosa altrettanto grave, apre la strada ad una assoluta deregulation che contrasta con lo spirito e la lettera della stessa direttiva.
Se questo è in pillole il contenuto del decreto legislativo, va sottolineato che molte delle questioni sollevate dalla dottrina in ordine alla compatibilità tra direttiva comunitaria e legislazione nazionale rimangono sullo sfondo e non sono state adeguatamente affrontate.
Su tali questioni vorrei rapidamente soffermare la mia attenzione.
B) La direttiva 2008/104/CE
Il complesso e contrastato iter della direttiva comunitaria, ci consegna un testo nel quale le istanze di politica sociale sono sovrastate da quelle di politica occupazionale.
Il legislatore comunitario prende le mosse dall’esigenza di un’armonizzazione delle discipline nazionali in materia per assicurare un quadro normativo di effettiva tutela del lavoratore assunto tramite agenzia, a cui deve conseguire una progressiva liberalizzazione del settore (18° considerando direttiva 2008/104).
In sostanza il lavoro interinale nella logica comunitaria non solo è uno strumento di buona flessibilità, ma fondamentalmente uno strumento d’incentivazione dei livelli occupazionali (non un’alternativa al lavoro alle dirette dipendenze del datore di lavoro ma uno strumento per incrementare la base occupazionale e uno strumento transitori in vista della conclusione di un rapporto di lavoro stabile – 11° considerando direttiva 2008/104).
Tale obiettivo è reso ancor più evidente dall’obbligo imposto al datore di lavoro di informare i lavoratori interinali delle eventuali opportunità di lavoro stabile che si dovessero venire a creare nel corso della loro missione (art. 6 della medesima direttiva), e la particolare attenzione rivolta a rimuovere gli ostacoli che potrebbero frapporsi alla stabilizzazione del rapporto (sempre art. 6, comma 2).
C) Ricadute della direttiva sul diritto interno:
La direttiva comunitaria assicura al lavoratore in missione il diritto a condizioni di lavoro e di occupazione “almeno identiche” a quelle dei lavoratori del soggetto utilizzatore. La locuzione “almeno identiche”, com’è noto, è stata traslata nel nostro ordinamento assicurando al lavoratore un trattamento “complessivamente non inferiore”.
Al di là dei profili connessi a tali differenti perifrasi, è necessario verificare gli effetti del principio di parità di trattamento, contenuto nella direttiva, su alcune norme del d.lgs. n. 276 del 2003.
In particolare il problema si pone per il 2° comma dell’art. 23, che esclude l’applicazione del principio di parità di trattamento per i contratti di somministrazione stipulati per l’impiego di soggetti svantaggiati, ovvero il 4° comma del medesimo articolo che rimette alla contrattazione collettiva la facoltà di stabilire, se ed in che modo i lavoratori interinali debbano compartecipare alle erogazioni economiche correlate al raggiungimento di obiettivi o collegati all’andamento economico.
Altra norma che si sembrerebbe in contrasto con la direttiva comunitaria è l’art. 9, comma 8 della legge n. 276 del 2003, ai sensi del quale la sanzione della nullità delle clausole tese a limitare la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione non si applica nel caso in cui sia corrisposta un’adeguata indennità secondo quanto previsto dal contratto collettivo applicabile.
Essa viola infatti, l’art. 6 della direttiva nella parte in cui prevede al nullità delle clausole che vietano o di fatto impediscano l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra utilizzatore e lavoratore a conclusione della missione.
Così come nulle, in applicazione di tale principio, devono considerarsi le clausole apposte a contratto di lavoro nonostante la disposizione sembri riferirsi solo al contratto di somministrazione ovvero quelle clausole che limitino o rendano eccessivamente onerose le dimissioni in vista dell’assunzione.
Altro ambito da sottoporre ad attenta verifica di conformità è l cd. Sistema sanzionatorio.
Il legislatore comunitario si limita a richiedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive.
Nel nostro ordinamento è necessario far riferimento agli art. 27 e 28 del d.lgs. n. 276 del 2003, riguardanti rispettivamente la somministrazione irregolare e fraudolenta, e l’art. 21, 4° comma, che sanzione con la nullità il contratto di somministrazione stipulato in carenza della forma scritta, con conseguente instaurazione di rapporto di lavoro subordinato con il soggetto utilizzatore.
Le conseguenze di carattere civilistico contemplate da tale sistema sanzionatorio, com’è noto, ricadono per intero sul soggetto utilizzatore, è invece di tutta evidenza il ruolo delle agenzie che è certamente in possesso di più elementi per valutare il rispetto dei canoni di legge.
In sostanza e per concludere il decreto legislativo di prossima emanazione lascia aperti alcuni problemi di non secondaria importanza, in ordine al rispetto della disciplina comunitaria e da tale punto di vista può essere considerato un’occasione mancata.
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