Sabato pomeriggio ho avuto modo di approfondire la conoscenza del progetto “Luce è Libertà”, ovvero l’esempio di un’ottima e riuscita collaborazione tra il Ministero della Giustizia – attraverso il Dap e la cassa ammende – l’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto e la Fondazione di Comunità di Messina. Si tratta di un’esperienza di grande valore, che è riuscita a recuperare e reinserire nella società una sessantina di ospiti dell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto utilizzando approcci e misure alternative al ricovero.
Il progetto, partito nel 2011, ha realizzato dei parchi fotovoltaici di piccole e medie dimensioni e ha come obiettivo principale la costruzione, per ciascun paziente coinvolto, di un budget di cura ricavato dal lavoro degli stessi pazienti. Il percorso di Luce è Libertà prevede che ogni malato inserito nel progetto abbia la possibilità di essere accompagnato nella ricostruzione della propria vita progettando, insieme all’équipe responsabile del progetto, percorsi di riconquista dei propri diritti civili sul piano individuale e sul piano sociale e comunitario. Durante la prima fase di Luce è Libertà gli internati hanno avuto la possibilità di lavorare e di cooperare nella gestione e nel reinvestimento dei proventi delle loro attività.
Chi sta mettendo in pratica questo progetti di “welfare comunitario” ha spiegato che il progetto durerà almeno 20 anni e che sarà sostenuto dalle entrate economiche provenienti dalla produzione , “con la medesima cifra sostenuta dallo Stato per il ricovero in comunità terapeutica di un ex internato (70mila euro l’anno), Luce è Libertà sostiene il suo reinserimento sociale per 20 anni per un “costo” di 3.500 euro l’anno”.
Conoscere i risultati di “Luce è Libertà” ha rafforzato la mia convinzione che un altro modo di scontare le pene è possibile e deve essere incrementato. Sfollare le carceri è importante e urgente ma il vero cambiamento lo otterremo solo quando riusciremo a mettere a sistema soluzioni come i lavori socialmente utili e misure mirate al recupero di persone come i tossicodipendenti, i detenuti con problemi psichiatrici e i violenti. Persone che avrebbero bisogno soprattutto di cure e di percorsi di reinserimento, non di detenzione. I risultati di diverse indagini statistiche dimostrano che scontare la pena in una Comunità Terapeutica per tossicodipendenti invece che in carcere permette una caduta netta del rischio di recidiva, ma la Comunità è terapeutica, appunto, nella misura in cui aiuta la persona a riorganizzare il suo equilibrio e la sua vita.
Organizzare un sistema di pena che tenga in conto le giuste istanze della società in tema di sicurezza e salvaguardi la dignità di chi ha sbagliato favorendone il reinserimento nella società è un puzzle molto difficile da comporre ma è un compito al quale non possiamo sottrarci.
La pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. (Vangelo di Marco, capitolo 12, versetti 1-12)
Leave a Reply