La Carta non è un residuato bellico

Mi sembra giusto iniziare con questo brano del discorso del Presidente della Repubblica alla “Biennale Democrazia” di Torino, pubblicato il 23 aprile da La Repubblica.

La Carta non è un residuato bellico
GIORGIO NAPOLITANO
AVEVO appena compiuto diciott’anni quando il 25 luglio del 1943 fui, come tutti gli italiani, raggiunto via radio a tarda sera dalla fulminante, imprevedibile notizia della caduta di Mussolini… Al fondo vi era naturalmente una crisi profonda via via

maturata nel rapporto tra il Paese e il fascismo, a cominciare dal suo capo, per effetto dell’andamento disastroso della guerra da lui irresponsabilmente voluta, e del peso sempre più insopportabile delle sofferenze inflitte alla popolazione… Fu dunque da una realtà disperante che si dové partire per rifondare la democrazia in Italia… L’ acquisizione degli ideali e dei principi democratici non fu né immediata né incontrastata…
Ma non c’ è dubbio che si mise in moto un processo irresistibile, dall’ alto e dal basso, di riedificazione democratica.

Coronamento di tale processo fu l’ elaborazione – in un clima di straordinario fervore intellettuale e politico, attraverso il confronto e l’ avvicinamento tra le diverse forze politiche e correnti culturali accomunate dall’ antifascismo – della Costituzione repubblicana…
La Costituzione repubblicana non è una specie di residuato bellico, come da qualche parte si vorrebbe talvolta far intendere… Essa seppe dare fondamenta solide e prospettive di lunga durata al nuovo edificio dell’ Italia democratica.

Quelle fondamenta poggiavano sui valori maturati nell’opposizione al fascismo, nella Resistenza, in nuove elaborazioni di pensiero e programmatiche… I valori dell’ antifascismo e della Resistenza non restarono mai chiusi in una semplice logica di rifiuto e di contrasto, sprigionarono sempre impulsi positivi e propositivi, e poterono perciò tradursi, con la Costituzione, in principi e in diritti condivisibili anche da quanti fossero rimasti estranei all’ antifascismo e alla Resistenza.

Perciò il 25 aprile non è festa di una parte sola… La Costituzione non è una semplice carta dei valori… Non solo non fu mai intesa come manifesto ideologico o politico di parte… È legge fondamentale, è legge suprema, la Costituzione, anche e innanzitutto nel segnare i limiti entro cui può svolgersi ogni potere costituito…

Si rifletta, a questo proposito, sul primo articolo della nostra Carta Costituzionale, là dove recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Una volta cioè che il potere costituente espresso dal popolo sovrano con l’ elezione di una assemblea investita di quel mandato si sia compiuto, ogni ulteriore espressione della sovranità popolare, ogni potere delle istituzioni rappresentative, il potere legislativo ordinario come il potere esecutivo, riconosce la supremazia della Costituzione, rispetta i limiti che essa gli pone…

Limiti che non possono essere ignorati nemmeno in forza dell’ investitura popolare, diretta o indiretta, di chi governa. Rispettare la Costituzione è dunque espressione altamente impegnativa… Rispettarla significa anche riconoscere il ruolo fondamentale del controllo di costituzionalità e dunque l’ autorità delle istituzioni di garanzia.

Queste non dovrebbero mai formare oggetto di attacchi politici e giudizi sprezzanti, al di là dell’ espressione di responsabili riserve su loro specifiche decisioni. Tutte le istituzioni di controllo e di garanzia non possono essere viste come elementi frenanti del processo decisionale, ma come presidio legittimo di quella dialettica istituzionale che in definitiva assicura trasparenza, correttezza, tutela dei diritti dei cittadini.

Questo richiamo ad essenziali caratteristiche della democrazia costituzionale non ha nulla a che vedere con una visione statica della nostra Carta, con una sua celebrazione fine a se stessa o con l’ affermazione della sua intoccabilità… Spetta ancora una volta al Parlamento pronunciarsi sulla possibilità di procedere in questa direzione, sugli obbiettivi da perseguire, sul grado di consenso a cui tendere.

Pur non potendo esprimere indicazioni di merito, ritengo che sia mia responsabilità esortare le forze presenti in Parlamento a uno sforzo di realismo e di saggezza per avviare il confronto su essenziali proposte di riforma della seconda parte della Costituzione, sulle quali sia possibile giungere alla più ampia condivisione.

Lo spirito dovrebbe essere quello, come si è di recente autorevolmente detto, di una rinnovata “stagione costituente”… Da decenni ormai si è aperto il dibattito generale sulla governabilità delle società democratiche… Nell’ affrontare a suo tempo questo tema cruciale, Norberto Bobbio osservò che mentre all’ inizio della contesa sul rapporto tra liberalismo e democrazia “il bersaglio principale era stato la tirannia della maggioranza”, esso stava finendo per assumere un segno opposto, “non l’ eccesso ma il difetto di potere”.

E Bobbio aggiunse, pur senza eludere il problema: “la denuncia della ingovernabilità tende a suggerire soluzioni autoritarie”. Un monito, quest’ ultimo, che non si dovrebbe dimenticare mai. E dal quale va ricavata l’ esigenza di tenere sempre ben ferma la validità e irrinunciabilità delle “principali istituzioni del liberalismo” – concepite in antitesi a ogni dispotismo – tra le quali, nella classica definizione dello stesso Bobbio, “la garanzia di diritti di libertà ( in primis libertà di pensiero e di stampa), la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche”.

E sempre Bobbio metteva egualmente l’ accento sulla rappresentatività del Parlamento, sull’ indipendenza della magistratura, sul principio di legalità. Tutto ciò non costituisce un bagaglio obsoleto, sacrificabile – esplicitamente o di fatto – sull’ altare della governabilità, in funzione di “decisioni rapide, perentorie e definitive” da parte dei poteri pubblici. Ho evocato – ed è di certo tra gli istituti non sacrificabili – la distinzione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario); e mi sarà permesso di richiamare anche il riconoscimento del Capo dello Stato come “potere neutro”… Ho egualmente menzionato come essenziale la rappresentatività del Parlamento: a proposito della quale penso si possa dire che essa non viene fatalmente incrinata da regole vigenti in diversi paesi democratici, finalizzate ad evitare un’ eccessiva frammentazione politica, ma rischia di risultare seriamente indebolita in assenza di valide procedure di formazione delle candidature e di meccanismi atti ad ancorare gli eletti al rapporto col territorio e con gli elettori.

In definitiva, non si può ricorrere a semplificazioni di sistema e a restrizioni di diritti in nome del dovere di governare… Non c’ è, sul piano democratico, alternativa al confrontarsi, al combinare ascolto, mediazione e decisioni, al giungere alla sintesi con la necessaria tempestività ma senza sacrificare i diritti e l’ apporto della rappresentanza… Sappiamo quali orizzonti nuovi la Costituzione abbia aperto per il nostro paese: orizzonti di libertà e di eguaglianza, di modernizzazione e di solidarietà.

La condizione per coltivare queste potenzialità, in termini rispondenti ai bisogni e alle istanze che maturano nel corpo sociale, nella comunità nazionale – la condizione per rafforzare così le basi della democrazia e il consenso da cui essa può trarre sicurezza e slancio – è in un impegno che attraversi la società, che si faccia sentire e pesi in quanto espressione della consapevolezza e della volontà di molti, uomini e donne di ogni generazione e di ogni ceto.

La Repubblica, 23 aprile 2009

(Il testo è tratto dal discorso del Presidente della Repubblica alla “Biennale democrazia” di Torino.  E’ possibile scaricare il testo integrale in formato .pdf)

5 comments to La Carta non è un residuato bellico

  • Sergio Cosentino

    Cara Mary,
    noi c’eravamo e probabilmente è stato meglio esserci senza bandiere di partito, perchè la manifestazione del 25 aprile è di tutti e non solo di qualcuno.
    Io ieri c’ero, ho sempre partecipato alla manifestazione in passato e andrò anche in futuro.
    Il PD c’era, perchè il PD siamo noi.

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  • cetti

    Caro Giuseppe,
    come ti avevo scritto, ho trascorso a Dachau il 25 aprile, più emozionante della mia vita.
    Una piccolissimo corteo dalla porta centrale fino alla stele posta all’ingresso del forno crematorio: la bandiera italiana ed una corona portate da alpini in congedo.
    Il console ed il viceconsole, purtroppo il nostro consolato è completamento trascurato dal nostro ministero degli esteri, e di questo te ne voglio parlare a parte.
    Una ventina di persone e turisti italiani ignari che si sono avvicinati al suono del nostro inno nazionale. Discorsi brevi ma molto espliciti, come da noi non se ne sentono più da tempo, a parte Napolitano. Vorrei spedirti le foto, fammi sapere come devo fare. Fra le bandiere d’armi c’èanche un compagno con quella del PD.
    Mi spiace per la manifestazione di catania e francamente anch’io mi domando dove fossero gli altri. A Monaco non c’erano, tutti sul treno dei giovani?

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  • mary chiaramonte

    @ paolo schilirò:
    mi consigli a chi pensare?

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  • paolo schilirò

    cara mery,
    per una volta non pensiamo agli assenti.
    Gli assenti hanno sempre torto!!
    @ mary chiaramonte:

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  • mary chiaramonte

    Tutto bellissimo e condiviso.
    Devo, però, esprimere la mia profonda tristezza per le assenze che tutti noi abbiamo notato stamattina.
    Caro Giuseppe (posso chiamarti cosi?, io -come tanti altri- ho ricevuto la tua mail, mi sono commossa alla lettura della lapide ad ignominia, mi sono sentita “parte” nel leggere il tuo invito a partecipare alla manifestazione del 25 aprile.
    Sono arrivata con un giusto anticipo. Pensavo di trovare qualcuno che, come me, sentiva così tanto l’importanza del giorno da arrivare prima per condividerne la gioia di esserci. Nessuno! solo Carabinieri Digos e Polizia. Sarà presto, mi dico, comunque erano già le 9,15, prendo un caffè e mi guardo intorno. Si sistema la corona di alloro sulla meravigliosa lapa e il tempo passa. Alla spicciolata arriva L’italia dei Valori, i ragazzi della sinistra (non riesco più neanche a qualificare, tanti sono i partiti), e nessun altro. tra quelli presenti ci si chiedeva, ma Giuseppe non viene? a contarci ci si stava poco più di un minuto. Alla fine sei arrivato, ma non è cambiato nulla (non volermene), uno in più, null’altro.
    dov’erano le bandiere del PD? dov’era Anna Finocchiaro? dov’era Enzo Bianco? lasciamo perdere le istituzioni cittadine.
    Abbiamo paura a definirci antifascisti? o dobbiamo ancora continuare a lisciare il pelo ad un ceto moderato che non recupereremo mai?
    non è stata una bella giornata, mi dispiace, sono veramente delusa.

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