Nel 2011 quattrocentomila lavoratori, oggi intrappolati nella cassa integrazione, rischiano di divenire disoccupati andando ad ingrossare l’esercito degli attuali 2 milioni di senza lavoro. La stima e’ del segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini. Per la maggior parte sono lavoratori delle aziende entrate in crisi nel 2008 con lo scoppio della recessione. Sono le imprese, dunque, dove la crisi e’ ormai strutturale e in molti casi senza piu’ uno sbocco con produzioni obsolete o con condizioni finanziarie largamente compromesse. Per questo – secondo Santini – serve una svolta nelle politiche per la crescita e per il lavoro, altrimenti la situazione occupazionale, soprattutto in alcuni settori e in alcune aree, e’ destinata ad aggravarsi.
La recessione ha indebolito il nostro tessuto produttivo che dal primo trimestre 2008 al terzo del 2010 – secondo i dati della Confindustria – ha lasciato sul campo 540 mila posti di lavoro. Ma anche l’anno appena cominciato – dice Santini – si profila come ”difficile” sotto il profilo dell’occupazione. I quattrocentomila a rischio sono solo la punta dell’iceberg, anche se da soli bastano a far crescere del 20% l’esercito dei disoccupati. Non a caso, aggiunge, tutte le parti sociali ”hanno chiesto la proroga dei finanziamenti per gli ammortizzatori sociali”. A preoccupare maggiormente sono i settori delle costruzioni, della chimica, il metalmeccanico, gli elettrodomestici, il tessile e l’abbigliamento.
Emblema della profondita’ della crisi il settore delle costruzioni, che tradizionalmente svolge un ruolo anticiclico, ma non questa volta: sono andati persi 250 mila posti ed altri 40 mila sono a rischio nei prossimi mesi, c’e’ stata la chiusura di oltre otto mila imprese con una caduta media della produzione superiore al 20%, per una perdita complessiva di 70 miliardi. Proprio per sottolineare la gravita’ della situazione il primo dicembre sono scesi in piazza insieme, per la prima volta, muratori e costruttori. Nella chimica sembra avviarsi a soluzione la vertenza Vinyls (con impianti in Veneto, Emilia Romagna e in Sardegna) balzata alle cronache anche per le clamorose proteste messe in atto dagli operai: saliti a 140 metri d’altezza, sulla torre di Marghera, sfidando neve e pioggia e autoreclusosi nell’ex supercarcere dell’Asinara per mesi. Per la chiusura della partita con il passaggio alla fondo svizzero Gita, dopo l’accordo con l’Eni, l’appuntamento è fissato per il 10 marzo.
Situazione di stallo, invece, per i 1.300 lavoratori dello stabilimento di Anagni di proprieta’ della multinazionale indiana Videocon (schermi per televisori): gia’ in cassa integrazione hanno passato anche questo Natale con l’angoscia di perdere il posto. Si e’ aperta una trattativa tra gli indiani e l’araba-canadese Ssim per riconvertire l’impianto nel settore delle energie rinnovabili. Crisi anche negli elettrodomestici. C’e’ la Antonio Merloni con fabbriche nelle Marche, in Umbria e in Emilia Romagna. Piu’ di 600 posti a rischio e il destino dell’azienda ad essere spezzettata e poi venduta. Risolta, invece, la situazione all’Indesit: su quattro stabilimenti due verranno potenziati e due chiusi garantendo pero’ un percorso di ricollocazione per i lavoratori. Il progetto Fabbrica Italia dell’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, prevede il rilancio di Mirafiori e Pomigliano, ma anche la chiusura, entro quest’anno, dell’impianto siciliano di Termini Imerese con 1.400 lavoratori. Al ministero dello Sviluppo si tratta per riconvertire l’area a nuove produzioni legate anche all’auto (per esempio il progetto di Rossignolo), ma senza ovviamente i volumi che garantiva la Fiat.
Quanto al tessile, e’ arrivata una boccata d’ossigeno per gli oltre 800 lavoratori della Perla la cui cassa integrazione e’ stata prorogata a tutto quest’anno, mentre a ridosso di Natale c’e’ stato un incontro per l’Omsa, lo storico marchio di calze la cui produzione continuera’ in Serbia. Il tabellino di marcia prevede entro il 28 gennaio un accordo per il riutilizzo del sito, con l’occupazione di almeno 320 lavoratori, la maggioranza da impegnarsi in attivita’ produttive e il restante in attivita’ commerciali. Una crisi di questa portata, che non ha risparmiato nessuno dei settori produttivi e che sta avendo ricadute anche nei servizi, impone di usare tutti i tasti della politica economica e industriale. Santini chiede, quindi, ”oltre il sostegno all’export, investimenti pubblici e privati. E una politica fiscale piu’ favorevole ai redditi medio-bassi per sostenere la domanda interna” (i salari degli italiani continuano ad essere in fondo alla classifica di quelli dei paesi dell’Ocse). Quanto alle politiche per il lavoro, oltre alla proroga degli ammortizzatori, ”politiche di reimpiego. In particolare per i giovani – afferma il vice di Bonanni – serve una ‘terapia d’urto’ con misure ad hoc, incentivando in particolare l’apprendistato e facendo incontrare la domanda con l’offerta perche’ le imprese stentano a trovare sul mercato le professionalita’ richieste”.
da l’Unità del 6 gennaio 2011
Leave a Reply