Catania è l’America del Mediterraneo. Noi lo sappiamo. Catania può avere strade pulite, trasporti pubblici convenienti e frequenti, un lungomare bello perché vivibile, può essere meta di turismo per dieci mesi l’anno. Catania può diventare davvero la città del futuro. Una grande città, una straordinaria risorsa per se stessa, per l’Europa e il Mediterraneo.
Oggi Catania deve però fare i conti con un Pil in costante diminuzione. Dalla fine del 1992 ad oggi sono venuti meno circa 25 mila posti di lavoro produttivi probabilmente anche perché negli ultimi anni, oltre alla pesante crisi economica, è venuta meno la capacità di chi amministra nel credere alle potenzialità che Catania ha. Prima, penso agli anni orribili di Scapagnini, è mancata la capacità di programmare seriamente il futuro tarando gli interventi sulla base delle reali esigenze della città e dei cittadini. Poi il grigiore degli anni di Stancanelli, durante i quali è venuta meno la voglia di pensare al futuro con fiducia e slancio. Dobbiamo uscire dalla logica passiva che ha fermato lo sviluppo di Catania. Per delineare un futuro di benessere diffuso in una città come la nostra non si può non affrontare in modo serio e sistematico la questione della valorizzazione del turismo. Una questione che, lo vediamo anche in questi giorni con le preoccupazioni degli albergatori catanesi e siciliani, è fondamentale per lo sviluppo di Catania. Il turismo è il settore economico che cresce con maggiore rapidità in termini di sviluppo e impatto occupazionale. Dal 1992 ad oggi l’offerta di posti letto è più che triplicata. Le presenze turistiche si sono moltiplicate di otto volte. I numeri assoluti sono però insoddisfacenti. I turisti a Catania sono ben lontani dalle duecentomila unità, cifre ridicole a fronte di un patrimonio naturale, artistico e culturale che potrebbe essere carburante prezioso per la crescita della nostra città. Per sviluppare l’attitudine turistica della nostra bella città dobbiamo puntare decisamente sul turismo culturale, enogastronomico, ambientale, del divertimento e farlo in aree dove sappiamo di avere un mercato di riferimento di diversi milioni di potenziali clienti: Turchia, Africa, Russia, Europa centrosettentrionale.
Non dobbiamo però pensare che attirare in città turisti italiani e stranieri grazie ad efficaci campagne di promozione basti a far di Catania una meta turistica riconosciuta a livello mondiale e con una reputazione duratura ed inattaccabile. Perché questo accada e non duri una sola stagione c’è da lavorare senza sosta cominciando a lustrare fino a farli luccicare i più preziosi gioielli di famiglia – il nostro centro storico con tutti, dico tutti, i suoi palazzi e monumenti, la via Crociferi, i resti della città pre barocca ed il castello Ursino – per poi passare all’apertura di scrigni dove giacciono gioie dimenticate o mai indossate: i cortili di San Cristoforo, le grotte di San Giovanni Galermo, il Bastione degli Infetti, il parco Gioeni e molto altro ancora.
Da poco, e solo grazie alla tenacia di un gruppo di giovani operatori turistici a cui è stata concessa la possibilità di valorizzare uno dei luoghi simbolo della città, noi catanesi per primi (seguiti poi da tanti visitatori italiani e stranieri) abbiamo riscoperto la bellezza densa di storia e tradizione del Monastero dei Benedettini. Un piccolo esempio di buona pratica che ha creato posti di lavoro, avviato una collaborazione tra privati ed enti pubblici, in questo caso l’Università, e innescato un promettente meccanismo di rete che di recente ha anche visto il coinvolgimento del Museo Diocesano. Il caso dei Benedettini dimostra come anche per il turismo valga l’aforisma di Frank Zappa “parlare di musica è come ballare di architettura”. Il turismo non si predica, si fa e nella nostra città si deve fare. Si deve fare sfruttando a pieno i luoghi, le bellezze e soprattutto il brillante cervello dei catanesi, specie di quelli più giovani, aperti, formati e motivati. Se dei giovani sono riusciti ad aprire le porte dei Benedettini, pensiamo insieme a schiudere anche i battenti delle nostre chiese di gran pregio. In questo campo si possono creare diecimila nuovi posti di lavoro duraturi con un indotto di 400 milioni di euro. Cominciamo subito. “Vendiamoci” Catania, mettiamo a frutto in modo professionale la sua proverbiale capacità di accoglienza allestendo un call center capace di rispondere a qualsiasi esigenza d’emergenza per i nostri ospiti 24 ore al giorno (ogni vera città turistica ce l’ha), raccontiamola a chi non la conosce, spieghiamola a chi non la capisce, abbelliamola ancor di più nelle grandi occasioni, non chiudiamola d’estate. Possiamo fare di Catania una città delle opportunità. La città che non dorme mai e che “se ce la faccio qui, posso farcela ovunque”, sta proprio qui ai piedi dell’Etna.
Mi piace il tuo entusiasmo, ma occorre la collaborazione delle istituzioni comunali e la collaborazione dei cittadini, ma come facciamo a convincere certi *cittadini* che la cittá le spiagge, la scogliera vanno amati. Come facciamo a fare lo capire che sono i nostri beni più preziosi? Come facciamo a far capire ai nostri vigili che occorre anche questo tipo di controllo del territorio in modo che certa gente capisca la necessità del rispetto delle cose comuni? Mi fermo qui……