A Catania un confronto sulla riforma del mercato del lavoro, che mira a rendere più convenienti le assunzioni stabili grazie al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Presente anche Bruno Busacca, capo della segreteria del ministro Poletti, al quale ho rivolto un appello: “Ora si pensi al Mezzogiorno”.
Con la riforma del lavoro del Governo Renzi cade l’alibi della difficoltà di fare nuove assunzioni. Da marzo ci sono nuove tutele per i lavoratori, grazie al contratto a tempo indeterminato, e incentivi per le imprese. Vogliamo lanciare un appello alle imprese, perché sfruttino queste opportunità e assumano soprattutto giovani e donne che hanno patito di più gli effetti della crisi economica, ma anche al Governo, perché fatte queste riforme torni a mettere al centro delle priorità il Mezzogiorno, che ha bisogno di un aiuto in più”.
Con queste parole ho chiuso i lavori dell’incontro su “Crescita, sviluppo, occupazione: le proposte del Governo Renzi” svoltosi stamane a Catania e organizzato insieme alla Fondazione Fabbrica. Gremita la sala del SAL (Spazio Avanzamento Lavori), per un dibattito al quale hanno partecipato tra gli altri il rettore dell’Ateneo Giacomo Pignataro, la segretaria provinciale della Cisl Rosaria Rotolo, il presidente della Sac Salvatore Bonura, il vicepresidente del Consiglio comunale Sebastiano Arcidiacono, il presidente di Legacoop Giuseppe Giansiracusa, l’imprenditore Seby Costanzo.
Un incontro voluto per approfondire i tanti aspetti del Jobs Act, una riforma che – come ha detto il consigliere comunale del Pd Niccolò Notarbartolo in apertura – “è uno spartiacque, che mira a trasformare il precariato in occupazione stabile, ma su cui troppo spesso ci si confronta per semplici slogan”.
E allora a sciogliere dubbi, approfondire i tanti aspetti della riforma del lavoro sono intervenuti docenti universitari, esperti di diritto del lavoro e tecnici. A dare un contributo al confronto – aperto dal presidente di Fabbrica Antonio Fiumefreddo e moderato da Saro Condorelli – c’erano infatti Bruno Busacca, responsabile della segreteria tecnica del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, Maurizio Caserta (docente di Economia politica), il professore associato di Diritto del Lavoro Giancarlo Ricci, il dottore di ricerca in Diritto del Lavoro europeo Sergio Cosentino.
Una riforma fatta tenendo conto della realtà, come ha spiegato Busacca: “I dati Istat ci dicono che dal 2007 al 2013 l’Italia ha perso 900 mila posti di lavoro, in particolare a tempo indeterminato: siamo partiti da questo dato di fatto per creare una cornice giuridica chiara, certa e semplice che possa incentivare le assunzioni a tempo indeterminato”. Così hanno preso forma gli otto decreti di cui si compone la riforma, tre dei quali già approvati: “Misure che rendono più conveniente il contratto tempo indeterminato a tutele crescenti rispetto al contratto a termine, ma che prevedono anche il riordino del sistema di ammortizzatori sociali e la revisione delle politiche attive del lavoro, con la creazione di una Agenzia nazionale per l’occupazione che sostituirà i 550 piccoli uffici di collocamento sparsi nelle Regioni, che non funzionano perché negli ultimi anni si è disinvestito in questo settore, a differenza di Francia, Gran Bretagna e Germania” ha proseguito Busacca.
“In sintesi, l’obiettivo del Governo è rendere più conveniente alle aziende assumere a tempo indeterminato, ma un’altra grande novità riguarda la riforma degli ammortizzatori sociali, che vengono semplificati ed estesi ad una platea più grande di possibili beneficiari” ha sottolineato Sergio Cosentino.
Pezzo forte del Jobs Act è proprio il riordino dei contratti di lavoro: “Il Governo ha puntato sul contratto a tempo indeterminato, rendendolo più conveniente per le imprese che assumono e intervenendo sul sistema di tutele per il lavoratore in caso di licenziamento” ha esordito Giancarlo Ricci, parlando apertamente di “tabù articolo 18”. “La scommessa di questa riforma – ha proseguito – è che queste misure, incluse quelle che riguardano i licenziamenti, possano tradursi in effetti positivi per le aziende che vogliono assumere, per i giovani e i disoccupati rimasti fuori dal mondo del lavoro o bloccati nel precariato, agganciando questi interventi alla ripresa economica”. Ripresa che fa capolino, come dimostrano alcuni indicatori elencati da Saro Condorelli, che ha citato anche le previsioni Ocse: aumento del Pil nel 2015 dello 0,6 per cento, dell’1,3 nel 2016. Una ripresa in chiaroscuro per Maurizio Caserta, invece, secondo cui “occorre innanzitutto modificare il sistema delle aspettative, quindi far crescere la domanda e creare nuovi posti di lavoro”: “Anche in Sicilia, il vero problema è riversare capitale sul sistema produttivo, che sia pubblico o privato – ha detto – solo così potremo creare un sistema strutturale e infrastrutturale nei prossimi cinque anni”.
E proprio il Mezzogiorno è stato al centro delle richieste che ho rivolto a Busacca: “Il Governo sta mettendo in campo tante riforme per far ripartire il Paese, ma ha dimenticato il Sud, sparito dall’agenda politica. Il Mezzogiorno ha finalmente capito che l’assistenzialismo è stato una trappola: ora occorre una maggiore attenzione da parte del Governo nazionale, per cogliere le tante eccellenze che qui al Sud, in Sicilia e a Catania ci sono e hanno bisogno di nuove opportunità”.
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