Con 281 favorevoli e 66 contrari (Fi e M5S) la Camera ha approvato ieri sera il nuovo Codice Antimafia, che adesso passa al Senato. Una norma importante per aggredire le mafie, un tassello in più che va nella direzione tracciata da Pio La Torre, seguendo la sua intuizione: colpire la criminalità sottraendole i patrimoni cui è tanto legata. Un Codice Antimafia che consentirà anche di utilizzare al meglio gli immobili confiscati, per una gestione più efficace, assicurando la continuità produttiva alle aziende coinvolte: una questione di interesse nazionale ma che nel Mezzogiorno risulta fondamentale. Ieri, durante le dichiarazioni di voto in Aula, ho avuto l’onore di rappresentare il gruppo del Partito Democratico per esprimere il nostro sì convinto, un sì di orgoglio e speranza a questa nuova norma. Ecco il testo integrale del mio intervento a Montecitorio e le novità introdotte dal Codice Antimafia:
Signor Presidente, onorevoli colleghi, è con grande emozione che intervengo oggi in dichiarazione di voto per il Partito Democratico. È un’opportunità per me fondamentale di cui ringrazio gli onorevoli Rosato e Verini, ringrazio il relatore della legge, Mattiello, per l’attività che ha svolto e sono davvero stupefatto per l’attacco subito prima dall’onorevole Chiarelli; gli unici interessi con cui è davvero in conflitto l’onorevole Mattiello sono gli interessi delle mafie e lo ha dimostrato con la sua attività libera e nel Parlamento, nell’attività parlamentare! Quindi, ringrazio Mattiello per lo straordinario lavoro di equilibrio e di sintesi, ringrazio la presidente della Commissione Giustizia Ferranti per il traino che ha svolto ancora una volta. Ringrazio la presidente della Commissione Antimafia Bindi per il contributo che ha dato e ringrazio il Governo, per ultimo ma non ultimo, per aver investito su questo provvedimento. La presenza del Ministro Orlando qui, stasera, è per noi di fondamentale importanza come lo sono stati i sottosegretari che via via hanno seguito il provvedimento in Commissione.
Presidente, intervengo da meridionale siciliano perché, se la profezia di Leonardo Sciascia della linea della palma secondo cui la mafia, come la palma, tende ad espandersi nella sua zona di influenza, sempre più a nord, si è avverata (e i dati lo testimoniano) i dati, al tempo stesso, ci dicono che le mafie hanno solide e profonde radici proprio nel Mezzogiorno e lì hanno buona parte del tronco, è lì che si svolge la battaglia più dura. Quindi consentitemi di esprimere, oltre che l’emozione, anche la vertigine, se penso che oggi stiamo percorrendo la strada tracciata da Pio La Torre e Virginio Rognoni nel lontano 1982 con la legge n. 646. Allora si avviò un percorso innovativo, che oggi tutti guardano con rispetto e imitano, rivelatosi decisivo nell’opera di contrasto alle mafie. Si tradusse in pratica l’intuizione secondo cui la mafia può essere colpita mortalmente sottraendole il patrimonio, la “robba” cui è tanto legata. Per questa intuizione e per il suo impegno antimafia Pio La Torre perse la vita insieme a Rosario di Salvo, suo collaboratore.
Oggi, i dati forniti dal Ministero dell’Interno parlano di un numero davvero impressionante di beni sequestrati e confiscati: 140.000 tra beni mobili e immobili e aziende. Di questi molto pochi sono stati destinati alle finalità proprie. Ben i due terzi sono beni collegati a misure di prevenzione applicate nel Mezzogiorno e nelle isole, il 32 per cento solo in Sicilia. Utilizzare al meglio i beni immobili confiscati, assicurare la continuità produttiva alle aziende è questione di interesse nazionale, ma che nel Mezzogiorno ha il suo epicentro. Quando si riesce a riutilizzare un bene proveniente dal patrimonio mafioso o mantenere in vita l’attività economica si ottiene una doppia vittoria dello Stato. È a questo obiettivo che lavoriamo e a cui stiamo lavorando anche con questo provvedimento.
La legalità però, signor Ministro, signor Presidente, conviene sempre. Il sottosviluppo meridionale è figlio anche della presenza della mafia, per l’effetto di scoraggiamento e per la dissuasione che la mafia comporta e per la concorrenza sleale che le imprese mafiose fanno alle imprese sane. Per cui la lotta alla mafia è anche lotta per il progresso economico e per l’affermazione delle libertà di intraprendere anche nel Mezzogiorno. In sostanza, stiamo scrivendo oggi un addendum per il Masterplan del Mezzogiorno o addirittura ne stiamo scrivendo il capitolo centrale.
Prima di tratteggiare in estrema sintesi i contenuti della riforma, una riforma ambiziosa, com’è giusto che sia una riforma che si propone di sconfiggere l’Idra mafiosa, che reagisce sempre ai colpi inferti dallo Stato, che mantiene oggi intatta la sua pericolosità, che si trasforma, che si modifica ma che non cambia la sua sostanza, vorrei dire ai colleghi del Movimento 5 Stelle, che ho visto impegnati in Commissione e in Aula in un ostruzionismo incomprensibile lamentando un’inesistente forzatura dei tempi, che è normale polemizzare, e nella dialettica parlamentare e politica ci sta. Ma se, come in questo caso, il risultato è importante, sarebbe giusto riconoscerlo, specie se è il frutto di un lavoro incessante di confronto con le opposizioni, che c’è stato ed è stato proficuo. Il quesito che avete più volte riproposto qui – “che fretta c’è” – è davvero incomprensibile, collega Nuti. Lei che ci dice del 95 per cento di imprese fallite, delle difficoltà che oggi vive l’Agenzia, delle difficoltà che oggi vivono le imprese sequestrate, poi, non ritiene utile, necessario intervenire subito, immediatamente? Gli eccessi polemici conducono talvolta a commettere errori anche gravi. Un errore grave è stato quello di parlare troppo e a sproposito di Invitalia. Il collega Ermini, questa mattina, lo ha ricordato.
La collega Cancelleri in un atto presentato a questo Parlamento definisce quest’Agenzia un valido ed efficace strumento di finanziamento alle imprese e di sviluppo dell’economia, per poi diventare, lo stesso soggetto, negli interventi dei colleghi Sarti e company il male assoluto, un covo di delinquenti. Per noi non è né l’una né l’altra cosa: è uno strumento che va sperimentato in un settore, quello del riavvio delle aziende confiscate e sequestrate, che è strategico per lo sviluppo del Mezzogiorno, che è strategico per il contrasto alle mafie. Grazie al vostro atteggiamento in Commissione e in Aula, è stato evidente che c’è chi dichiara di volere contrastare la criminalità e non fa nulla per tradurre in pratica questo auspicio, che siete voi, e chi lotta contro la mafia, lo fa sul serio e lo fa sostenendo i magistrati, le forze dell’ordine, le associazioni impegnate in questo ambito, predisponendo le norme e approvandole, che siamo noi, la maggioranza, il Governo. Va ricordato che in questo ambito specifico si è verificata una straordinaria sintonia tra i poteri dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario); una straordinaria sintonia che è un valore aggiunto, che è fondamentale nel contrasto alle mafie. E a questa sintonia si è aggiunta la società italiana, a partire dai corpi intermedi. Il testo di oggi è frutto dell’unificazione di una serie di proposte di legge, prima fra tutte quella promossa da CGIL, Avviso Pubblico, Arci, Libera, ACLI, Lega Coop, SOS Impresa, Centro studi Pio La Torre, che hanno raccolto centinaia di migliaia di firme di adesione di cittadini. E poi, la Commissione antimafia, il disegno di legge di iniziativa governativa, le indicazioni venute dalla commissione Fiandaca e Garofoli, la relazione della Commissione antimafia e il contributo di tanti magistrati che abbiamo audito e il contributo di chi indaga, dei rappresentati delle forze dell’ordine.
L’esito è un testo ambizioso, che rende più efficace e tempestiva l’adozione delle misure di prevenzione patrimoniale e consente di inserire gli indiziati del reato di assistenza agli associati e dei reati contro la pubblica amministrazione tra i soggetti destinatari delle misure di prevenzione, che istituisce presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello sezioni o collegi specializzati chiamati a trattare in via esclusiva i procedimenti previsti dal codice antimafia, che favorisce la ripresa delle aziende sottoposte a sequestro, in particolare con l’istituzione di un fondo e con altre misure dirette a sostenere la prosecuzione delle attività, che garantisce una maggiore trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari, con garanzia di competenze idonee allo svolgimento dell’incarico e di rotazione negli incarichi stessi e con un regime delle incompatibilità che tutti rivendichiamo come utile a prevenire gli abusi di cui la cronaca giudiziaria si è occupata con riferimento al caso che ha visto il coinvolgimento della presidente Saguto e che tutti vogliamo che non si ripeta più in futuro. Riorganizziamo l’Agenzia nazionale per i beni confiscati e la poniamo sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio; estendiamo i casi di confisca allargata di cui all’articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992; introduciamo misure di contrasto al caporalato.
Potrei proseguire ma mi fermo qui, il senso è chiaro, il senso di marcia è chiaro. Paolo Borsellino ci ha insegnato che la politica e la mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo. Noi con questo provvedimento ribadiamo che lo Stato è in guerra con la mafia, una guerra senza quartiere! È per questo, Presidente, che con orgoglio e speranza esprimo il voto favorevole del Partito Democratico.
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