Nuovo anno giudiziario, riformare la giustizia

Anno-Giudiziario-Catania

La cerimonia di apertura dell’anno giudiziario è un momento solenne, ufficiale, la cui importanza si nota anche dai dettagli di un cerimoniale meticoloso. Quest’anno ho partecipato all’appuntamento al Palazzo di Giustizia di Catania in rappresentanza del Governo, un’occasione che ho vissuto con molta emozione nella mia città e nel luogo in cui ho mosso i miei primi passi professionali. Nel mio intervento spero di aver messo a fuoco alcuni tra gli interventi messi a punto dal ministero della Giustizia con l’intento di riformare la giustizia. Dalla ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie, misura strategica indispensabile per recuperare risorse e eliminare le diseconomie che affliggevano i Tribunali di minori dimensioni, ai numerosi interventi per ridurre il sovraffollamento delle carceri e per costruire nuove strutture carcerarie o per migliorare quelle esistenti. Infine, un sentito e doveroso ringraziamento ai tanti magistrati coraggiosi che nella nostra Sicilia, a Palermo come a Catania, sono impegnati in prima persona nella lotta alla mafia.

Ecco il mio intervento integrale, buona lettura.

Ministero della Giustizia
Sottosegretario di Stato
On. Avv. Giuseppe Berretta
Corte d’Appello di Catania, 25 gennaio 2014

Signor Presidente della Corte di Appello,
Signor Procuratore Generale,
Signor Rappresentante del Consiglio Superiore della Magistratura,
Autorità civili e religiose,
Signore e Signori,
prendo la parola in rappresentanza del Signor Ministro in questa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2014, rivolgendo prima di tutto, a suo nome, un deferente indirizzo di saluto al Presidente della Repubblica.

Desidero inoltre esprimere un sentito ringraziamento a tutti i presenti per il contributo dato nello scorso anno al funzionamento della giustizia in questo distretto di Corte d’Appello.

Sono ben consapevole della solennità dell’occasione, tuttavia non posso non confessare un filo di emozione nel prendere la parola in rappresentanza del Governo nella Corte d’Appello della Città in cui sono nato e cresciuto e nel Palazzo di Giustizia in cui ho esercitato ed eserciterò, a Dio piacendo, la professione forense.

Colgo l’occasione per un saluto al Presidente del Consiglio dell’Ordine e ai rappresentanti dell’Avvocatura associata.

Nel discorso pronunciato ieri presso la Corte di Cassazione, il Signor Ministro ha riferito in merito agli aspetti più qualificanti dell’azione del Governo sul tema Giustizia nell’anno appena trascorso.
Il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, nella propria relazione ha evidenziato alcuni dei nodi principali da sciogliere per il miglioramento del servizio giustizia nel nostro Paese.
Allo stesso modo, il Presidente della Corte d’Appello di Catania nella relazione inaugurale ci ha rassegnato numerosi elementi d’interesse per un proficuo dibattito su quanto è stato già fatto e quanto occorre ancora fare, per rimuovere le perduranti criticità del servizio sia in questo distretto che nel resto della Nazione.
Un bilancio in “chiaroscuro”, cito testualmente, in cui, con estrema sincerità, sono descritte molte difficoltà organizzative e logistiche che dobbiamo necessariamente rimuovere.

Nell’anno trascorso gli obiettivi dell’azione del Ministero hanno riguardato innanzitutto i due aspetti del contenimento dei tempi della giustizia e del miglioramento della condizione carceraria, oggetto quest’ultimo anche del pressante appello rivolto alle Camere dal Presidente della Repubblica. Ciò non soltanto al fine di riportare il nostro Paese all’interno di parametri rispettosi degli standard richiesti dall’Unione Europea e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma ancor prima per ripristinare quella condizione di dignità che la nostra Carta Costituzionale impone a tutti noi come imperativo “morale”.

Con riferimento al primo profilo (i tempi della giustizia), i numeri rassegnati dal Ministro nel corso della sua annuale relazione al Parlamento e la stessa relazione del Presidente della Corte di Cassazione portano alla ribalta ancora una volta il problema dell’intollerabile lentezza dei tempi per ottenere una decisione definitiva, che se nel settore penale conduce ad un numero elevato di prescrizioni, comportando il mancato accertamento dei fatti ed un ingiustificabile dispendio di risorse, in quello civile premia di fatto la condotta di chi agisce o resiste in giudizio infondatamente, generando in tal modo un contesto disincentivante per gli investimenti nel nostro Paese.
I dati sono noti: alla data del 30 giugno 2013, erano 5.257.693 le pendenze in campo civile e quasi 3 milioni e mezzo quelle penali.
La risposta della magistratura italiana è stata ancora una volta assai generosa – l’ultimo rapporto della Commissione europea per l’efficienza della giustizia colloca il nostro Paese ai primi posti per la produttività dei giudici – ma il sistema continua a produrre una grave crisi di efficienza, funzionalità e inevitabilmente di complessiva perdita di credibilità.

LA REVISIONE DELLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA

Sul piano organizzativo l’intervento più imponente per migliorare l’efficienza del servizio giudiziario ha riguardato l’attuazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie, misura strategica indispensabile per recuperare risorse e eliminare le diseconomie che affliggevano i Tribunali di minori dimensioni.
L’analisi delle statistiche dell’ultimo trentennio mostra che gli uffici giudiziari più efficienti sono quelli con una dotazione di magistrati giudicanti compresa tra 30 e 60 unità: in questa prospettiva sono state eliminate le strutture di dimensioni più modeste, nelle quali le scoperture di organico e le incompatibilità ostacolavano talvolta la funzionalità degli uffici ed è stata alleggerita la pressione sugli uffici metropolitani di maggiori dimensioni.
Con la riforma della geografia giudiziaria gli uffici di primo grado sono passati da 1.398 a 450, consentendo il recupero di ben 2.301 unità del personale di magistratura, tra togata ed onoraria, e di 7.029 unità di personale amministrativo.
Ciò ha comportato la rideterminazione in aumento, in conformità del parere espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura, delle piante organiche degli uffici giudiziari.
Il risultato atteso della riforma, oltre ad un significativo risparmio di spesa, è rappresentato da un netto recupero di efficienza del sistema.
Con i decreti correttivi, uno dei quali è stato approvato ieri dal CDM, saranno poi apportate le modifiche ritenute necessarie ad introdurre gli aggiustamenti che un’opera di così vaste dimensioni necessariamente richiede.
Il decreto correttivo, varato ieri dal Consiglio dei Ministri, ha per esempio previsto il ripristino per tre anni delle sezioni distaccate delle isole minori (Lipari, Ischia ed Elba).

Tutto ciò non basterà, naturalmente, se non si riuscirà ad incidere sui numeri dell’arretrato, vera zavorra della giustizia italiana, e sui flussi in entrata.
Proseguendo lungo la strada indicata, allo scopo di aggredire l’arretrato civile, con il d.l. n. 69/2013, convertito nella legge n.98/2013, contenente “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (c.d. Decreto del fare) sono stati introdotti i giudici ausiliari nelle corti di appello; è stato regolamentato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari per i laureati in giurisprudenza (conciliando in questo modo le esigenze di maggiore efficienza degli uffici e di formazione dei giovani); è stato aumentato l’organico dei magistrati del Massimario della Cassazione a supporto delle attività ordinarie; sono state previste specifiche misure volte ad abbattere i tempi per il recupero del credito, impedendo condotte dilatorie del debitore.
Numerose aspettative, ai fini della riduzione del carico processuale, sono riposte inoltre nel ripristino, per un quadriennio, della mediazione obbligatoria per diverse materie. Per verificare l’effettiva operatività dell’istituto è stato istituito un sistema d’ispezioni periodiche che accerti l’efficacia degli organismi di mediazione.
Con la legge di stabilità del 2014 è stata prevista la proroga per un anno di tutti i magistrati onorari, e con il disegno di legge delega collegato si è prevista a fini acceleratori la possibilità per il giudice di primo grado di emettere la sentenza con la sola indicazione del fatto e delle norme applicate, fermo il diritto delle parti che la richiedano di ottenere la motivazione in un momento successivo. Nelle controversie ad alto tasso di tecnicalità, per agevolare una definizione in via transattiva, è stato reso obbligatorio il ricorso preventivo alla consulenza tecnica e nelle Corti di appello è stata prevista, per alcuni tipi di cause, la composizione monocratica del giudice.
Altri interventi hanno riguardato il versante dell’offerta di giustizia: tra questi, l’intensificazione del processo d’informatizzazione, la stabilizzazione dei tribunali per le imprese, l’adozione di progetti volti a migliorare l’organizzazione dei servizi.
Oggi il deposito telematico degli atti e le comunicazioni on line di cancelleria sono disponibili su tutto il territorio nazionale e i pagamenti telematici sono una realtà d’uso quotidiano in 21 distretti su 26, con significativi risparmi e minori possibilità di errore. A partire dal 30 giugno il processo civile telematico sarà obbligatorio per legge per tutti i procedimenti monitori.

Sempre maggiore importanza, nell’ottica della collaborazione tra i diversi operatori del settore (magistratura, avvocatura, personale amministrativo, strutture territoriali locali e centrali) assumono le c.d buone prassi. In attuazione del progetto del Fondo Sociale Europeo “Diffusione di Best Practices negli uffici giudiziari italiani”, al quale partecipano 192 uffici per un valore complessivo di circa 45 milioni di euro, durante il 2013 sono stati portati a termine 74 progetti, mentre 59 uffici hanno avviato le attività. Si tratta di strumenti e procedimenti concretamente finalizzati a migliorare la qualità dei servizi, ottimizzare il funzionamento dell’organizzazione giudiziaria, aumentare la trasparenza e la capacità di comunicazione.
In questo quadro si inserisce il lavoro che si sta facendo anche a Catania, dove, da ultimo, è stato inaugurato lo Sportello Unico della Procura della Repubblica, un servizio che rientra tra le buone prassi citate e che permette a cittadini, avvocati e forze dell’ordine di servirsi di una serie di servizi on line (casellario giudiziario, carichi pendenti, deposito atti, deposito notizie di reato).
La Giustizia, per funzionare al meglio, ha sicuramente bisogno di modifiche legislative, le quali, tuttavia, rischiano di essere insufficienti in assenza di una riorganizzazione che utilizzi al meglio le opportunità che offrono le nuove tecnologie.

Da ultimo va menzionato l’importante impulso alle procedure di selezione ed assunzione dei nuovi MOT. Nel 2013 sono stati assunti 273 magistrati ordinari ed è stata approvata la graduatoria finale del concorso indetto con D.M. 22.9.2011, nel quale sono risultati idonei 352 candidati, che potranno iniziare il tirocinio in primavera; infine, con D.M. 30.10.2013 è stato indetto un nuovo concorso per ulteriori 365 posti di magistrato ordinario.

In materia penale i dati delle pendenze confermano l’andamento altalenante ricorrente già da qualche anno.
Anche in tale settore la prospettiva è quella di aumento dell’efficacia dell’intervento giudiziario e di parallela riduzione dei tempi dei procedimenti, che, se risultano in tendenziale diminuzione nelle Corti di Appello e nelle Procure della Repubblica, continuano a mostrare elevati livelli di criticità negli uffici di primo grado.
In attesa d’interventi normativi di portata più ampia, appare necessario introdurre meccanismi di deflazione capaci di eliminare, già in fase di indagine, le attività relative a quei fatti che, per la modestia degli interessi concretamente in gioco, non meritano il vaglio processuale.
Indispensabile è poi agire risolutamente sul sistema delle notificazioni degli atti giudiziari. Infine, occorrerà realizzare una calibrata revisione del meccanismo delle impugnazioni, nella prospettiva di rafforzare la vocazione accusatoria del processo e la funzione di garanzia dei ricorsi.
Razionalizzazione della spesa ed incremento di efficienza del servizio sono anche gli obiettivi che si intendono perseguire attraverso il completamento della procedura sulla gara unica per le intercettazioni.

Sul piano sostanziale gli interventi principali si sono mossi nel solco delle tematiche approfondite anche in sede europea.
Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato gli schemi di decreti legislativi in tema di tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù e di sfruttamento della prostituzione minorile, pedopornografia e violenza sessuale in danno di minori, completando l’attuazione degli impegni internazionali assunti con la ratifica della convenzione di Lanzarote.
Una particolare attenzione è stata rivolta al contrasto della violenza di genere. Pur nella consapevolezza che per eliminare la diffusione del fenomeno occorre prima di tutto una profonda presa di coscienza sociale, nell’agosto scorso è stato presentato il decreto legge n. 93, convertito con modifiche dalla legge n. 119/2013, che contiene specifiche disposizioni sostanziali e procedurali dirette a fornire una tutela più efficace alle vittime, a consentire una più ampia partecipazione delle persone offese al processo ed evitare il fenomeno della c.d. vittimizzazione secondaria.

Sul versante della lotta alla criminalità organizzata, cresce la consapevolezza degli effetti distorsivi per l’economia della disponibilità in capo alle mafie di capitali pressoché illimitati, in un periodo peraltro di generale carenza di liquidità. Accanto ai tradizionali ed indispensabili metodi di contrasto sul territorio, strumenti decisivi si rivelano i sequestri e le confische dei patrimoni illeciti, non soltanto nei territori di più risalente radicamento ma anche nelle regioni del Nord.
Le misure di prevenzione costituiscono, dunque, un formidabile strumento, la cui effettiva efficacia dipende anche dalle successive modalità di gestione dei patrimoni confiscati alle mafie.

La lotta alla mafia non può conoscere soste. Le recenti minacce al sostituto procuratore Nino Di Matteo e al procuratore aggiunto Maria Teresa Principato, sono l’ulteriore dimostrazione che la sfida della criminalità organizzata allo Stato è tuttora in atto e che il coraggio e l’acume di molti magistrati e di uomini e donne appartenenti alle forze dell’ordine colpisce gli interessi economici dei mafiosi e ne scompagina i piani criminali.
In considerazione di quanto detto, mi sento nel dovere di ringraziare quanti in questo distretto di Corte d’Appello, una realtà vasta ed elevata densità mafiosa, si adoperano quotidianamente e con importanti risultati nell’azione di contrasto e repressione.
Per ciò che concerne l’attività di cooperazione giudiziaria si registra un sempre più intenso ricorso ai vari strumenti a disposizione: nel 2013 le richieste di emissione di mandati di arresto europeo, che nell’ambito dell’Unione sostituisce la richiesta di estradizione, sono state circa 1.870, con un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo sono state inoltre aperte più di 3.000 nuove procedure, tra attive e passive, in materia di assistenza giudiziaria.
Inoltre, a febbraio 2013 è stato avviato il collegamento del casellario italiano alla struttura informatica europea di scambio d’informazioni relative ai precedenti penali. Alla fine del 2013 il casellario italiano era connesso con quelli di quindici Paesi membri, così che oggi l’autorità giudiziaria interna può immediatamente verificare l’esistenza di eventuali condanne riportate in uno degli Stati già interconnessi.

Come ho avuto modo di ricordare in premessa di questo intervento il contrasto al fenomeno del sovraffollamento carcerario è stato uno degli obiettivi principali nell’azione del Ministero della Giustizia.
Il Presidente della Repubblica ha ricordato al Paese che le condizioni di detenzione sono un essenziale indice di misura della civiltà, non soltanto giuridica, di una nazione.
A fronte di una capienza degli Istituti penitenziari di 47.000 posti, alla data del 1 Gennaio 2013 erano ristretti in carcere 66.000 detenuti. Un indice di sovraffollamento pari al 141%. In considerazione di tali dati, e anche a seguito della nota sentenza Torreggiani della Corte Europea di Strasburgo, che ha sancito il diritto di ciascun detenuto a disporre all’interno del carcere di uno spazio minimo predeterminato, la questione carceraria è stata oggetto di un impegno straordinario da parte del Governo.
Alla data del 31 dicembre 2013, dopo 7 mesi di azione di Governo, lo stesso indice è sceso al 129%, e posso affermare che grazie al combinato disposto tra le misure varate nel recente decreto legge 146/2013, approvato a dicembre e attualmente in conversione in parlamento, nelle ultime settimane dell’anno, così come previsto nel piano carceri, il tasso di sovraffollamento si ridurrà ulteriormente.
Il piano per riportare a legalità in tempi brevi il rapporto tra strutture detentive e soggetti ristretti è stato presentato, nelle scorse settimane, al Consiglio d’Europa. Esso contiene misure finalizzate a limitare l’accesso al carcere ai soli casi realmente necessari, alla programmazione e progettazione di strumenti per il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti, al potenziamento della capienza delle strutture carcerarie.
In particolare, con il d.l. n. 78 del 1 luglio recante “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena” si è inteso fornire una prima urgente risposta alle esigenze indicate dalla Corte EDU con l’obiettivo di ridurre i flussi penitenziari in entrata, evitando il ricorso al carcere nei confronti degli autori di reati di modesta pericolosità, ampliando e potenziando il trattamento rieducativo sul versante dell’accesso al lavoro e facilitando il ricorso alle misure alternative. A livello locale sono state stipulate 989 convenzioni tra i Tribunali Ordinari e gli Enti Locali e/o Cooperative Sociali per favorire la sostituzione della pena detentiva con la sanzione sostituiva del lavoro di pubblica utilità, della quale stanno usufruendo – i dati risalgono allo scorso 30 novembre – 3787 condannati.

Nell’ambito del cd. “Piano carceri” inoltre sono in corso di realizzazione 12.324 nuovi posti, 3.100 dei quali grazie all’apertura di 4 nuovi istituti penitenziari. Nell’arco dell’anno 2014 è previsto il recupero di ulteriori 1.500 posti.
In aggiunta, l’eliminazione del divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione per i recidivi qualificati ha determinato il dimezzamento degli ingressi su base mensile.

Il nuovo intervento normativo, varato dal Consiglio dei Ministri prima di Natale, prosegue lungo il percorso già tracciato, rafforzando il sistema delle misure alternative alla detenzione, ampliando l’ambito di accesso all’affidamento in prova, stabilizzando l’istituto dell’esecuzione della pena presso il domicilio, introdotto nel 2010 in via provvisoria, potenziando l’istituto dell’espulsione come sanzione alternativa per i detenuti stranieri. E’ stato inoltre previsto in via temporanea un aumento di trenta giorni del periodo semestrale di liberazione anticipata in caso di positiva valutazione del magistrato di sorveglianza.
Infine, sul versante della tutela dei diritti delle persone detenute è stata istituita la figura del Garante nazionale, quale organo indipendente con compiti di tutela.
In quest’ottica, è evidente che la magistratura di sorveglianza avrà un ruolo essenziale nel diffondere una cultura nuova, che superi la visione del settore penitenziario come una enclave lontana dalla giurisdizione e ristabilisca le indispensabili sinergie con l’amministrazione penitenziaria.

La scarsità delle risorse finanziarie disponibili rende più difficile affrontare quel salto di qualità, anche in termini di supporto tecnologico e organizzativo, di cui ha bisogno la macchina della giustizia per raggiungere standard adeguati alle aspettative del Paese e dell’Europa.
Non voglio di certo eludere i temi contenuti nella relazione del Presidente della Corte d’Appello di Catania, è in me piena la consapevolezza delle difficoltà che gli operatori della giustizia di questo distretto si trovano a fronteggiare. L’eccessiva frammentazione degli uffici sul territorio rappresenta sicuramente una disfunzione organizzativa, oltre a risultare antieconomica. A fronte dell’investimento da parte del Ministero della Giustizia per l’acquisto del Palazzo delle Poste, la città di Catania è ancora senza una sede unica per gli uffici giudiziari. Il lavoro da fare è tanto e da avviare al più presto. L’obiettivo è indifferibile e come ho già avuto modo di affermare la disponibilità del Ministero è piena.

In conclusione, non posso che manifestare profondo apprezzamento per i lusinghieri risultati raggiunti in molti Distretti attraverso l’abnegazione, la passione, l’impegno e la cultura organizzativa profusi dai diversi soggetti (magistrati, avvocati, dipendenti amministrativi, appartenenti alla Polizia giudiziaria) protagonisti dell’amministrazione della Giustizia, dimostrano tuttavia che l’attuale condizione d’indubbia difficoltà del sistema giudiziario e del Paese non deve divenire alibi per la rassegnazione o l’immobilismo. Gli attori istituzionali hanno responsabilità decisive, ma a tutti è richiesto di dare il proprio contributo d’intelligenza e impegno per migliorare la risposta di giustizia nei confronti del Paese, senza la quale non può darsi effettiva attuazione ai diritti che la Carta Costituzionale promuove, riconosce e garantisce.
Con questi intendimenti formulo i migliori auspici per l’anno giudiziario 2014.
Vi ringrazio.

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