Patrimonio culturale: una legge a tutela dei nostri beni

Una legge che mira a tutelare i nostri beni culturali e paesaggistici, preservando quei patrimoni che costituiscono parte della storia e della cultura del nostro Paese. E’ questo l’obiettivo del disegno di legge che abbiamo approvato poco fa alla Camera e che ho seguito molto da vicino in qualità di relatore.

Sono contento perché dopo vari tentativi andati a vuoto nelle precedenti legislature e con un grande lavoro di ascolto di numerosi soggetti impegnati nelle attività di tutela del patrimonio culturale italiano, siamo riusciti in piena sintonia con il Governo, a far sì che il provvedimento venisse trasformato da una delega al Governo in un vero e proprio articolato, contenente disposizioni di diretta modifica del codice penale. Pur mantenendo sostanzialmente inalterati gli obiettivi della riforma, fortemente voluta dai ministri Andrea Orlando e Dario Franceschini, in Commissione Giustizia abbiamo infatti modificato la natura del provvedimento dopo varie audizioni e indagini conoscitive, ottenendo così l’obiettivo di avere una legge immediatamente operativa. Una legge che era necessaria e che interviene introducendo nuove fattispecie di reato nel codice penale, dal furto alla ricettazione, dal danneggiamento alla devastazione. Si dà seguito dunque a quanto sancito dalla nostra Costituzione, che assegna alla tutela penale del patrimonio culturale un rilievo preminente e differenziato nell’ambito del nostro ordinamento giuridico.Il provvedimento, passato prima all’esame della Commissione Giustizia di cui faccio parte, è approdato in Aula alla Camera lunedì 19 giugno ed interviene finalmente in maniera seria non solo avviando una mera risistemazione delle disposizioni già contenute nel codice penale, ma riformulando fattispecie penali già previste e prevedendone di nuove. Un tentativo di riorganizzare il quadro sanzionatorio penale a tutela del nostro patrimonio culturale che risale ormai a due legislature fa e che oggi vede la luce, dopo alcuni tentativi andati a vuoto negli anni scorsi, in cui il progetto riformatore non ha superato la fase dell’esame da parte delle commissioni parlamentari. L’esigenza di un intervento normativo organico e sistematico nella materia si è resa urgente non solo a causa delle rilevanti criticità emerse nella prassi applicativa in riferimento alle disposizioni legislative vigenti, ma anche dalla circostanza che le previsioni normative in materia di repressione dei reati contro il patrimonio culturale risultano attualmente inadeguate rispetto al sistema di valori delineato dalla Costituzione. Che, è bene ricordarlo, prevede (agli articoli 9 e 42) di assegnare alla tutela penale del patrimonio culturale un rilievo preminente e differenziato nell’ambito dell’ordinamento giuridico e colloca la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione a un livello superiore rispetto alla mera difesa del diritto all’integrità del patrimonio individuale dei consociati.

Le finalità
Questi gli obiettivi fondamentali del ddl approvato oggi. Il primo, favorire la coerenza sistematica del quadro sanzionatorio penale, attualmente ripartito tra codice penale e codice dei beni culturali. Il secondo, assicurare l’omogeneità terminologica di tutte le disposizioni incriminatrici, riconducendole al concetto di reati contro il patrimonio culturale. Introdurre nuove fattispecie di reato, innalzare le pene vigenti e introdurre aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali.

L’iter in Commissione Giustizia
Il provvedimento, che originariamente delegava il Governo ad operare la riforma, è stato modificato nel corso dell’esame in sede referente: in particolare, la Commissione Giustizia ha trasformato la delega in disposizioni di diretta modifica del codice penale, pur mantenendo sostanzialmente inalterati gli obiettivi della riforma. L’opportunità di trasformare i principi e criteri direttivi di delega in disposizioni penali direttamente precettive è emersa nel corso di un approfondito ciclo di audizioni, prendendo spunto dalla circostanza che in realtà gli stessi principi e criteri direttivi di delega erano stati redatti in maniera molto dettagliata. Nel corso dell’indagine conoscitiva si sono svolte audizioni che hanno approfondito il tema oggetto del disegno di legge della professoressa Paola Severino, Rettore dell’Università LUISS Guido Carli di Roma, di Stefano Manacorda, Professore di diritto penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli e di Fabrizio Parrulli, Generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri. In veste di relatore ho sottoposto al Comitato ristretto una proposta di nuovo testo del disegno di legge contenente disposizioni direttamente precetti, che una volta approvato dal Comitato stesso è stato approvato dalla Commissione. Questo testo, al quale sono state apportate alcune modifiche attraverso la fase emendativa, è quello poi giunto in Aula alla Camera.

Il contenuto del provvedimento

Il ddl si compone di sette articoli.
L’articolo 1 modifica il codice penale, in particolare inserendovi tra i delitti il titolo VIII-bis, rubricato “Dei delitti contro il patrimonio culturale”, al quale sono riconducibili le seguenti nuove fattispecie penali (la Commissione, infatti, ha preferito configurare nuovi delitti a tutela del patrimonio culturale, in luogo di aggravanti di fattispecie esistenti):

A) Furto di beni culturali (art. 518-bis), punito con la reclusione da 2 a 8 anni (pena significativamente più elevata rispetto a quella prevista per il furto); in presenza di circostanze aggravanti, quali quelle già individuate dal codice penale o dal Codice dei beni culturali, la pena della reclusione va da 4 a 12 anni.
B) Appropriazione indebita di beni culturali (art. 518-ter), punito con la reclusione da 1 a 4 anni. Con questa fattispecie si punisce chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il delitto è aggravato se il possesso dei beni è a titolo di deposito necessario. La disposizione riproduce, aumentando la pena, la fattispecie di appropriazione indebita di cui all’art. 646 del codice penale.
C) Ricettazione di beni culturali (art. 518-quater), punito con la reclusione da 3 a 12 anni. Questa fattispecie di ricettazione dovrà trovare applicazione anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità. La disposizione riproduce, inasprendo la sanzione penale ed eliminando le circostanze aggravanti e attenuanti, il contenuto dell’art. 648 c.p. (ricettazione).
D) Riciclaggio di beni culturali (art. 518-quinquies), punito con la reclusione da 5 a 14 anni. La disposizione riproduce, eliminando un’attenuante e inasprendo la pena, il delitto di riciclaggio di cui all’art. 648-bis c.p.
E) Illecita detenzione di beni culturali (art. 518-sexies), punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni e con la multa fino a 20.000 euro. Si tratta di una fattispecie penale al momento estranea all’ordinamento, che ricorre quando il fatto non integri gli estremi della più grave ricettazione e che consiste nel fatto di detenere un bene culturale conoscendone la provenienza illecita.
F) Violazioni in materia di alienazione di beni culturali (art. 518-septies), punito con la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 80.000 euro. Il provvedimento sposta nel codice penale, innalzandone la pena, l’attuale fattispecie contenuta nell’art. 173 del Codice dei beni culturali.
G) Uscita o esportazione illecite di beni culturali (art. 518-octies), punito con la reclusione da 1 a 4 anni o con la multa da 258 a 5.165 euro. Il provvedimento sposta nel codice penale, conservando la pena e operando alcune modifiche, il delitto di cui all’art. 174 del Codice dei beni culturali, che punisce l’illecita uscita o esportazione (trasferimento all’estero) di beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, ovvero il mancato rientro dei beni di cui sia stata autorizzata l’uscita, alla scadenza del termine previsto. È prevista la confisca delle cose, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato. Nel caso in cui il reato sia commesso da «chi esercita attività di vendita al pubblico o di esposizione a fine di commercio di oggetti culturali, è prevista la pena accessoria dell’interdizione da una professione o da un’arte, ex articolo 30 c.p.». Rispetto all’attuale fattispecie, la riforma prevede un’aggravante quando il delitto ha ad oggetto beni culturali di rilevante valore.
H) Danneggiamento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici (art. 518-novies), punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie punisce chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende infruibili beni culturali o paesaggistici; colui che invece fa di tali beni un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico o pregiudizievole della loro conservazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. La riforma qualifica dunque come autonome fattispecie penali, di natura delittuosa, le aggravanti e le contravvenzioni attualmente previste dal codice penale e subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna. In caso di condotta colposa, si applica la reclusione fino a 2 anni (art. 518-decies).
I) Devastazione e saccheggio di beni culturali (art. 518-undecies), punito con la reclusone da 10 a 18 anni. La fattispecie penale troverà applicazione al di fuori delle ipotesi di devastazione, saccheggio e strage di cui all’art. 285 c.p. quando ad essere colpiti siano beni culturali ovvero istituti e luoghi della cultura.
J) Contraffazione di opere d’arte (art. 518-duodecies), punito con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa fino a 10.000 euro. La riforma inasprisce la sanzione e sposta nel codice penale l’attuale delitto di contraffazione previsto dall’art. 178 del Codice dei beni culturali. Al tempo stesso il nuovo testo dell’AC. 4220 esclude la punibilità (art. 518-terdecies) di colui che produce, detiene, vende o diffonde opere, copie o imitazioni dichiarando espressamente la loro non autenticità (analogamente a quanto oggi prevede l’art. 179 del Codice dei beni culturali);
K) Attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali (art. 518-quaterdecies), punito con la reclusione da 2 a 8 anni. La fattispecie punisce chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto o vantaggio, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, trasferisce, aliena, scava clandestinamente e comunque gestisce illecitamente beni culturali. In relazione a questo delitto la riforma prevede la competenza della procura distrettuale e la possibilità di svolgere attività sotto copertura.

Il nuovo titolo VIII-bis del codice penale prevede inoltre:
A) Un’aggravante da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o paesaggistici, cagioni un danno di rilevante gravità oppure sia commesso nell’esercizio di un’attività professionale o commerciale (art. 518-quinquiesdecies). La pena dovrà essere aumentata da un terzo alla metà e, in caso di esercizio di un’attività professionale, dovrà essere applicata anche la pena accessoria della interdizione da una professione o da un’arte (art. 30 c.p.).
B) La riduzione delle pene in caso di ravvedimento operoso (art. 518-sexiesdecies). In particolare, le pene potranno essere ridotte dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si sia «efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato o per la individuazione degli altri responsabili ovvero dei beni provenienti dal delitto».
C) La confisca penale obbligatoria – anche per equivalente – delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il profitto o il prezzo, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti previsti dal nuovo titolo (art. 518-septiesdecies).
D) L’applicabilità delle disposizioni penali a tutela dei beni culturali anche ai fatti commessi all’estero in danno del patrimonio culturale nazionale (art.518-octiesdecies).

L’articolo 1 del provvedimento, infine, inserisce nel codice penale – al di fuori del nuovo titolo VIII-bis – l’art. 707-bis, rubricato “Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o per la rilevazione dei metalli”. La contravvenzione punisce con l’arresto fino a 2 anni chiunque sia ingiustificatamente colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in aree di interesse archeologico. Il possesso ingiustificato degli attrezzi dovrà realizzarsi all’interno dei seguenti luoghi: aree e parchi archeologici (art. 101, comma 2, lettere d) ed e), del Codice dei beni culturali); zone di interesse archeologico (art. 142, comma 1, lettera m), del Codice); aree sottoposte a verifica preventiva dell’interesse archeologico (art. 28, comma 4, del Codice e art. 25 del d. lgs. n. 50 del 2016, Codice dei contratti pubblici).

L’articolo 2 modifica l’art. 51 del codice di procedura penale per inserire il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali, di cui al nuovo art. 518-quaterdecies c.p., nel catalogo dei delitti per i quali le indagini sono di competenza della procura distrettuale.
L’articolo 3 modifica la disciplina delle attività sotto-copertura (art. 9 della legge n. 146 del 2006) per prevederne l’applicabilità anche alle indagini sul delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali (art. 518-quaterdecies).
L’articolo 4 modifica il decreto legislativo n. 231 del 2001, prevedendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi da determinati soggetti nel loro interesse o a loro vantaggio. Viene a tal fine integrato il catalogo dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, con l’inserimento di due nuovi articoli, l’art. 25-terdecies e l’art. 25-quaterdecies.
L’articolo 5 abroga alcune disposizioni vigenti, con finalità di coordinamento del nuovo quadro sanzionatorio penale con la normativa vigente.
L’articolo 6, introdotto in accoglimento di una condizione contenuta nel parere espresso dalla Commissione Bilancio con riferimento all’osservanza dell’art. 81 della Costituzione, prevede l’invarianza finanziaria della riforma.
L’articolo 7 prevede l’entrata in vigore della riforma il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

(Photo credit: Benvegnù – Guaitoli, www.roma.corriere.it)

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