Come molti di voi sanno, periodicamente visito le strutture carcerarie per rendermi conto di persona delle condizioni di vita dei detenuti e degli stessi lavoratori degli istituti penitenziari. Anche quest’anno, con il “Ferragosto in carcere”, ho avuto la possibilità di entrare nella casa circondariale di Piazza Lanza, verificando carenze pesanti che minano la qualità della vita dei detenuti. Ho provato tante volte a capire come vive un detenuto di una struttura sovraffollata e con evidenti carenze. Poi, pochi giorni fa, ho ricevuto questa lettera inviatami da un imprenditore che sta scontando una pena nel carcere di Piazza Lanza, dopo alcuni mesi trascorsi al “Lorusso e Cutugno” di Torino. Questa missiva mi ha colpito particolarmente, perché con lucidità fa ben capire cosa vuol dire non avere accesso alle cure del medico né alle medicine adeguate, vivere in pochi metri quadrati, dividere in dieci lo stesso bagno. E non avere opportunità per riprendere a vivere nella legalità, imparando magari un lavoro o iniziando a studiare dentro il carcere. Tutto il necessario perché la detenzione serva per il reinserimento nella società, non per punire a vita.
Mi fa piacere condividere con voi queste parole, assieme ad alcuni articoli pubblicati su Repubblica, Terra, La Stampa e La Sicilia.
Buona lettura.
Catania, 3 settembre 2010
Oggetto: Piazza Lanza – Catania
Caro onorevole,
ho avuto il suo contatto tramite l’on. Bernardini alla quale avevo scritto qualche tempo fa per segnalare le molteplici problematiche di piazza Lanza, ed in particolare la gestione sanitaria.
Ho letto sulla Sicilia del 17 agosto la dichiarazione stampa della delegazione politica bi-partisan del “Ferragosto in carcere”, in cui si suggeriva l’immediata chiusura della struttura e si elogiava il lavoro della direzione e del corpo di polizia penitenziaria che si svolge tra grandi difficoltà.
Sono stato trasferito dal carcere di Torino a Piazza Lanza lo scorso 6 giugno e vivo tutti i giorni personalmente i gravi problemi generati dal sovraffollamento, dalla scarsa collaborazione con i detenuti da parte della Direzione e del grave problema della sanità. Le allego il testo trasmesso all’on. Bernardini in cui meglio chiarisco la mia posizione giuridica e il mio punto di vista sulle origini del sovraffollamento in carcere.
La chiusura di Piazza Lanza è un processo a medio-lungo termine, diciamo tra i 5 e i 10 anni. Nel frattempo qui continuiamo e continueranno a soffrire, a vivere centinaia di detenuti in condizioni che sono in contrasto con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in particolare dell’articolo 3 e di molti altri articoli dell’ordinamento penitenziario.
Parliamoci chiaro, il problema principale di Piazza Lanza non è la struttura che nel corso degli anni ha subito vari interventi di ristrutturazione e, pur essendo moderna, potrebbe essere ulteriormente migliorata con costi più che ragionevoli per una popolazione di 250-300 detenuti, ma la volontà della direzione a far funzionare il carcere nell’interesse dei cittadini detenuti anche nell’attuale situazione di sovraffollamento. E’ un loro dovere.
La mia breve esperienza carceraria di un mese a Torino e tre mesi a Piazza Lanza, unita alla mia esperienza imprenditoriale, mi hanno permesso di vedere e capire quanto il problema dell’organizzazione del lavoro, l’impronta della direzione nei rapporti con i detenuti e la gestione delle attività siano fondamentali per la vita di tutti i giorni dei detenuti e forse si pongono ad un livello di importanza più elevato rispetto alla struttura stessa. Questo comunque è il caso di Piazza Lanza. La struttura può essere migliorata con costi limitati, il sovraffollamento non dipende dalla direzione, la gestione invece sì e si può migliorare in tempi brevi e costi minimi o forse nessuno.
L’esempio del carcere di Torino mi ha chiarito molte cose, si tratta di una struttura più moderna e razionale ma a causa dei soliti appalti di quell’epoca (20-25 fa) oggi è molto degradata, per cui pur avendo spazi comuni più razionali e spaziosi, le celle, i bagni, i cortili sono in condizioni peggiori che qui a Catania. Al contrario, la direzione è molto presente e fa funzionare le cose:
– Sanità, esami del sangue a tutti i nuovi arrivati
– Domandine, esaminate in tempo reale
– Richiesta di incontro con ispettori in giornata
– Ora d’aria, rispetto degli orari
– Spesa ben assortita – vitto a norma – posta gestita in giornata – telegrammi consegnati – avvocati non vengono fatti attendere tempi inauditi
– Gli addetti o meglio gli assistenti, come preferiscono essere chiamati, si impegnano seriamente ad agevolare la vita dei detenuti, nel rispetto delle regole
– Gli educatori o assistenti sociali sono molto presenti e ci sono programmi di lavoro, formazione professionale, istruzione che tutti possono seguire.
Il personale e la direzione presso il carcere è un po’ come un hotel: se manca la direzione e la formazione del personale il migliore degli hotel non funziona.
Qui a Piazza Lanza il problema più serio che tocca profondamente il corpo e la vita dei detenuti e che raggiunge – e a volte supera – la frontiera della tortura, intesa come pene corporali, è la SANITA’. E’ una situazione grave che non viene percepita all’esterno nella sua effettiva gravità perché il sorvegliato (il corpo medico) ed il sorvegliante (la direzione) appartengono allo stesso Ministero, sono colleghi, e tutto deve andare avanti a salvaguardia dello status quo.
Da questo ne deriva uno stato di malessere sia per quei detenuti con patologie più gravi che per chi ha invece bisogno di terapie più lievi, ma immediate. La sensazione dell’impotenza degli infermieri e dei medici che non hanno poteri e scarse medicine da somministrare è palpabile e crea uno stato di incertezza e preoccupazione per chi avrebbe invece bisogno di trovare stabilità nel proprio processo di re-inserimento nella società.
Ci sono poi un lungo elenco di piccole cose di tutti i giorni, che ovviamente per chi è detenuto diventano grandi e fondamentali, che non funzionano e non si intravede la volontà di migliorare le cose; l’atteggiamento generale è “così era e così sia…”. E’ tipico dei sistemi militari non specializzati di livellarsi in basso in una gara a chi è meno coinvolto, riesce a fare meno e passare indenne la giornata, la settimana, il mese, senza responsabilità che espongano a dei rischi.
Le confermo che molti agenti giovani e meno giovani non sono per niente contenti di questi atteggiamenti e si chiedono, come peraltro noi detenuti, perché certe cose non possano, finalmente, cambiare nel 2010. Ci sono tutte le condizioni, compreso il personale, per poter proporre piccoli ma importanti cambiamenti ponendo l’uomo-cittadino detenuto al centro del lavoro e non considerarlo un disturbo al proprio lavoro. Le allego una breve analisi sui problemi nell’ordinamento penitenziario, che toccano la vita di tutti i giorni.
Le scrivo per chiederle a nome dei detenuti di Piazza Lanza un intervento, che le riassumo:
1) Sanità
1.1 Facilitare, promuovere un accordo con una struttura ospedaliera sul modello di quello tra Bicocca e l’Arnas Garibaldi che permette visite specialistiche presso il carcere, per cui senza i trasferimenti dei detenuti che sono uno dei grossi problemi. Le visite più importanti sono:
– Visite dentistiche. C’è un servizio ma non funziona, aspettando mesi per una riparazione di una carie e urlando la notte
– Esami del sangue all’ammissione in carcere, obbligatoria per tutti (Hi, Toc, epatiti A, B, C)
– Visite oculistiche. Troppi problemi derivanti dalla scarsa illuminazione che peggiorano rapidamente per mancanza di interventi
– Urologia. Visite per i detenuti di oltre 50 anni
– Ortopedia. Molti casi di ernie dolorose non curate
– Gastroenterologia. Tipica malattia da carcere, la gastrite, l’ulcera etc. E’ necessario l’accesso ad esami e cure
1.2 Promuovere un accordo tra carcere e Regione per la fornitura di farmaci sulla base delle tessere sanitarie dei detenuti, è l’accordo che vige in Italia ma non qui in Sicilia, forse c’è spazio per un progetto pilota.
1.3 Rafforzare la presenza di medici durante il giorno e per cui l’effettiva possibilità di vedere il medico tutti i giorni.
2) Il rispetto dell’ordinamento penitenziario e la miglior gestione dei pochi spazi disponibili per le ore d’aria e ricreazione e per i colloqui
3) Programmi educativi e lavorativi. Gli educatori si battono, lavorano, sono pochi, hanno un budget limitato per veri programmi di educazione e formazione che sono fondamentali. Credo che un suo colloquio con alcuni di loro di 30-45 minuti le permetterà di rendersi conto della situazione generale. E’ necessario aiutarli a trovare budget di origine diversa anche con accordi con industrie locali od organizzazioni umanitarie.
Condivido totalmente la linea del PD e dei Radicali per ridimensionare la legge riempi carceri, sull’immigrazione e la droga, e promuovere leggi svuota carceri, per promuovere il re-inserimento dei detenuti con pena definitiva sotto i due anni. Ci vorrebbe anche un intervento della magistratura per il ridimensionamento delle misure cautelari che quasi sono diventate una pre-pena e non uno strumento di indagine come erano invece disegnate.
Purtroppo tutto quanto sopra richiederà del tempo e delle battaglie e nel frattempo non possiamo dimenticare la realtà che qui a Piazza Lanza non cambierà se non avvengono degli interventi specifici.
Tra l’altro, con tutto il rispetto per l’on. Fleres, è certamente un’anomalia che il garante dei detenuti sia del partito di governo che emana leggi riempi carceri, che non approva leggi moderne ed europee per il re-inserimento dei detenuti. Ci vorrebbe una voce alternativa che si occupi di prevenire i gravi problemi dei detenuti suicidi e non solo aprire tavoli d’inchiesta e denuncia a cose fatte.
L’altro giorno un ragazzo di 21-22 anni si è tagliato le vene, un atto di autolesionismo non grave. Per evitargli l’isolamento previsto dal regolamento lo abbiamo preso in cella con noi per qualche giorno. Poi abbiamo trovato un’ulteriore lettera d’addio e a fronte della responsabilità abbiamo richiesto l’intervento della guardia medica e di uno psichiatra. E’ stato trasportato in isolamento, guardato a vista e poi mandato in altro reparto, manca l’assistenza medico-sanitaria!!
Nelle prossime settimane, verso fine mese, invierò una nuova lettera di protesta per le solite cose già richieste e discusse ma che non succedono mai: sala colloquio, copertura per la famiglia, spesa, sanità.
Mi auguro di poterla incontrare personalmente per poter discutere quello che vado vivendo dentro questa struttura e quali sono le cose sensibili su cui porre particolare attenzione.
Ringraziandola per il tempo che mi dedica e che dedica all’interesse dei detenuti, le porgo un cordiale saluto.