Il mio diario di viaggio in Kazakhstan.
Della democrazia esistono migliaia di definizioni, ma una di quelle che mi ha sempre colpito di più la diede don Primo Mazzolari: “…Nessuno mi voglia far credere che tutta la democrazia consista nel fatto che uno può dire o stampare un’opinione diversa dagli altri… Democrazia è riconoscere che al mondo ci siamo in tanti e con diritti eguali e che c’è posto per tutti se glielo lasciamo: e pane, e aria, e terra e acqua per tutti, se non glielo rubiamo o distruggiamo..”, scriveva, aggiungendo: “…Se ho creduto e credo nella democrazia gli è perché ci ho visto e m’ostino a vederci, nonostante tutto, la salvezza dell’uomo…”. Mi piace ricordare queste parole, a cui ho pensato molto durante i tre giorni che ho trascorso in Kazakhstan come osservatore internazionale in occasione delle elezioni legislative, il 15 e 16 gennaio. Ecco le mie riflessioni. Ho il piacere di condividerle con voi.
Venerdì 13 gennaio. Partenza per Astana, meno venti sottozero.
Ho lasciato Roma venerdì sera, 13 gennaio, e dopo uno scalo a Vienna ho raggiunto la capitale kazaka, Astana, alle prime luci dell’alba di sabato. Il primo impatto è notevole. Oltre alle 5 ore di fuso orario, qui siamo a meno venti gradi sotto zero, il Paese è un’immensa distesa di neve. Ma ne vale la pena. Sono qui come osservatore, inviato assieme ad altri 800 “colleghi” provenienti da altre parti del mondo, in occasione delle elezioni anticipate del parlamento kazako. Essere osservatori non significa essere degli esperti, per cui voglio limitarmi alla succinta descrizione degli incontri, delle cose che ho visto e delle impressioni che ho tratto.
Parto però con una consapevolezza, tratta dalla storia di questo immenso Paese a cavallo tra Asia e Europa: valutare le elezioni kazake con i parametri delle democrazie europee sarebbe fuorviante. La democrazia è un sistema complesso, frutto di una pluralità di elementi. In Kazakhstan la democrazia ancora non esiste. Qui dal 1991 – anno in cui si rese indipendente dall’Unione Sovietica – la Repubblica kazaka è guidata sempre dalla stessa persona, il presidente Nursultan Nazarbayev. L’ultima elezione, ad aprile scorso, lo ha visto stravincere con il 95,55 per cento dei consensi. Il suo partito, Nur Otan, ha sempre ottenuto risultati plebiscitari. Per dirla in poche parole, la storia politica recente può essere riassunta come un progressivo consolidamento del potere presidenziale a scapito del Parlamento. Anche perché in Parlamento, fino a pochi giorni fa, l’unico partito presente era quello del presidente. Un monopartitismo pericoloso, abolito finalmente nel 2009 con una modifica costituzionale: il Majilis (la Camera) deve essere composta di almeno due partiti politici.
Sabato 14 gennaio. Un incontro illuminante.
Gli incontri ufficiali della mia delegazione iniziano sabato alle 15. Il primo si è tenuto con il segretario della Commissione Elettorale Centrale, Bakhty Meldeshov, che ci ha fatto un quadro analitico delle procedure seguite e si è soffermato sulle ragioni delle numerose esclusioni di partiti e candidati. Abbiamo rivolto tante domande, e abbiamo chiesto notizie sulla situazione nella città di Zhanaozen. Lì, dopo le proteste del 16 dicembre scorso dei lavoratori delle compagnie petrolifere, sfociate in un bagno di sangue con 14 morti, sapevamo che i cittadini sarebbero stati privati del diritto di voto. Ci è stato assicurato che, sia pure in una condizione straordinaria, le elezioni si svolgeranno anche lì.
Subito dopo ci siamo recati nella sede di un partito, anzi del Partito, il Nur Otan che in kazako vuol dire Luce della Patria. E’ il partito del Presidente Nazarbaiev (88 per cento dei suffragi alle ultime elezioni del 2007 e il 100 per cento di eletti nella Camera Bassa, per la precisione 98 di cui solo 17 donne), e abbiamo incontrato una delegazione capeggiata dal vicepresidente del Nur Otan, Muhtar Yerman. E’ stato un incontro illuminante (del resto, la luce della patria…). Yerman ci ha spiegato che in verità non sono loro ad essere così bravi ma gli altri ad essere scarsi, perché non trovano i candidati, non hanno proposte, mentre Nur Otan, partito di centro (così si definiscono), è l’unica realtà in grado di tenere insieme le tante etnie del Paese (kazaki, russi, ucraini…). Una sorta di partito della Nazione kazaka che riesce ad unificare ciò che in sua assenza inevitabilmente configgerebbe per le diversità religiose, linguistiche, culturali, economiche, sociali che caratterizzano il Paese.
Infine abbiamo incontrato il nostro ambasciatore in Kazakhstan, Alberto Pieri, classe ’64, una vera sorpresa: una persona giovane, brillante, affabile. Ho la sensazione che siamo davvero ben rappresentati. Assieme a lui, altri ospiti: alcuni dirigenti Eni ed alcuni rappresentanti delle imprese italiane di costruzioni presenti nel Kazakhstan. Ci hanno fatto il punto della situazione kazaka e dei rapporti economici e politici tra le due nazioni. Rapporti piuttosto intensi, basati soprattutto sugli scambi commerciali di prodotti energetici (il Kazakhstan è un grosso produttore di petrolio e gas).
Domenica 15 gennaio. Ai seggi, dove il voto segreto è un optional.
Abbiamo alternato incontri con esponenti dei partiti di minoranza e visite ai seggi, ma già gli incontri precedenti mi fanno comprendere che queste elezioni avranno un esito più o meno scontato. Ci sono troppe barriere all’elettorato passivo: gli aspiranti candidati devono avere almeno dieci anni di residenza nel Paese, oltre alla cittadinanza, essere in regola in tutto e per tutto con il pagamento delle tasse (persino una multa non pagata può essere motivo di esclusione). Non esistono i contributi ai partiti politici da parte dello Stato: qualcuno in Italia, in questo periodo di antipolitica e avversione ai partiti, sarebbe ben contento di un fatto del genere, ma questo purtroppo significa consolidare la posizione dominante del partito-stato. I confronti televisivi tra i leader dei partiti sono stati ridotti al minimo, solo uno il 12 dicembre, e la campagna elettorale è durata un mese: appena 14 giorni utili, il resto coincidenti con giorni festivi.
Abbiamo visitato tre seggi elettorali, sedi di diverse sezioni. Il rispetto delle regole ci è apparso rigoroso, l’organizzazione fin troppo impeccabile, nessuna fila, tutto procede alla perfezione. Veniamo accolti con grande cortesia e ci vengono fornite tutte le delucidazioni richieste. Alcune stranezze però è impossibile non notarle. L’urna è unica nonostante si svolgano le elezioni per gli organismi locali e per il parlamento; la segretezza del voto è un optional, quasi tutti gli elettori escono dalla cabina con la scheda aperta e il voto ben visibile (peraltro, i rappresentati di lista sono ubicati in modo tale da avere una panoramica invidiabile); per invogliare al voto si organizzano intrattenimenti e spettacoli.
Lunedì 16 gennaio. Noi osservatori portiamo bene?
Lunedì mattina incontriamo un esponente del partito comunista (diciamo che mi è sembrata una figura da libro di storia) e nel pomeriggio il leader del partito democratico kazako Ak Zhol, Azat Peruashev, che si propone come il rappresentante della borghesia imprenditoriale emergente. Scoprirò solo al termine dello spoglio che stranamente entrambi i partiti sono riusciti ad entrare in Parlamento superando la soglia del 7 per cento. Nur Otan ha ottenuto l’80 per cento. Abbiamo incontrato solo tre partiti e tutti e tre sono entrati in parlamento… Portiamo fortuna???
Tornando al racconto, il lunedì pomeriggio incontriamo i giornalisti, quindi ci rechiamo in un seggio elettorale per seguire lo spoglio delle schede. Va premesso che ad urne aperte non abbiamo mai visto file e particolare ressa, e la partecipazione media anche alla luce del trend, non avrebbe dovuto superare il 50 per cento, ma i dati ufficiali parlano di una partecipazione dell’80 per cento che non ha alcun riscontro.
Dell’esito del voto vi ho detto. I problemi da affrontare sono tanti. La presenza pervasiva e soffocante del presidente Nazarbaiev, la concentrazione dell’informazione tutta nelle sue mani, le gravi limitazioni di accesso ad internet e i divieti relativi ai social network (evidentemente fanno paura al Potere), una scarsissima rappresentanza del sesso femminile in politica e non solo. E poi l’assenza di un’adeguata informazione politica, con pochissimi dibattiti televisivi. In Italia abbiamo fatto un eccessivo uso della tv come luogo di confronto mentre qui è tutto il contrario. E in un Paese grande 5 volte la Francia, con distanze geografiche enormi e con una popolazione di appena 14 milioni di abitanti, qui i media liberi ed indipendenti potrebbero avere un ruolo centrale nella diffusione della consapevolezza democratica. Se questa non facesse paura a chi detiene il Potere.
In Kazakstan la democrazia non esiste ancora. Io ho visto un Paese che sta camminando per raggiungerla e, in prospettiva, la speranza è che questo cammino venga accelerato rafforzando un processo fatto di pluralismo e di pluripartitismo. Insomma di libertà e giustizia sociale. In una parola, appunto, di democrazia.
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Per chi volesse approfondire, qui potete scaricare una scheda approfondita sul Kazakhstan, e un documento sulle elezioni kazake.
P.S.: Ho voluto proporvi anche alcune foto, scattate in movimento durante i trasferimenti. Lo so, la qualità è pessima. Ma l’intenzione era buona.
Sento una grande tristezza leggendo il tuo diario di viaggio. L’Italia è certamente più democratica ma i pericoli sono tanti e diventare come i kazachi non è difficile. Non ho capito però che ci fanno gli altri partiti, anche se invisibili. Forse solo una copertura tragica o comica?
Aiutare i paesi a conseguire una vera democrazia è un problema molto serio. Ma poi, quale sarebbe questa democrazia compiuta, la nostra? riflettiamo un po:
In quel paese dal ’91 una persona detiene il potere, in Italia…?
In quel paese questo succede a causa del controllo dell’informazione, in italia…?
Lungi da me il voler assimilare lo stato democratico dei due paesi ma ho la sensazione che i cosidetti paesi democratici tendino in effetti ad un sistema di detenzione del potere semplicemente più sofisticato e adeguato ad un livello culturale più elevato dell’elettorato.
quando ci avviciniamo ai problemi di questi stati, dunque, non dobbiamo sottovalutare, in attesa di una democrazia “compiuta”, l’importanza di un “collante” che tenga in equilibrio le varie fazioni evitando la guerra fraticidia. Se questo collante si chiama “potere” pazienza. Sempre meglio dell’ “esportazione” cruenta della nostra presunta democrazia, della quale, fino ad oggi, non si conosce nemmeno un risultato che possa considerarsi minimamente positivo.
Grazie, Giuseppe, per questo interessante diario che, se non altro, ha il merito di farci alzare gli occhi un po’ oltre il nostro angusto orizzonte che rischia di divenire asfissiante e molto fuorviante rispetto non solo alla politica internazionale ma anche rispetto ai reali problemi della nostra terra! un abbraccio.