Lavoro: luci e ombre di una riforma che si dimentica del Mezzogiorno
Ieri in commissione Lavoro alla Camera abbiamo affrontato il testo della riforma del mercato del lavoro, che lunedì prossimo approderà in Aula a Montecitorio. Anche io ho detto la mia su un provvedimento che più che una riforma assomiglia ad una manutenzione delle norme che regolano il mercato del lavoro nel nostro Paese. Una manutenzione, per di più, basata su un approccio pretenzioso e ideologico. Un testo assai poco leggibile, in molte parti di difficile comprensione, giustamente contestato tanto dai sindacati quanto dagli imprenditori anche per l’assoluta carenza al suo interno di provvedimenti che possano incentivare le politiche attive del lavoro, insomma tutte quelle iniziative oggi quanto mai necessarie per stimolare l’occupazione e l’inserimento lavorativo.
Un giudizio nel complesso negativo che non ci impedisce di rivendicare gli utili miglioramenti ottenuti dal Pd, rispetto all’originaria proposta governativa, a partire dal mantenimento della funzione deterrente della reintegra in materia di licenziamento, ma anche le norme in materia di contrasto al precariato (cd. flessibilità in entrata), a partire dalla nuova disciplina in materia di lavoro a progetto (con la introduzione del diritto ad un compenso minimo) e le modifiche della disciplina dell’associazione in partecipazione e in materia di partite IVA, volte a prevenire l’uso fraudolento di tali fattispecie.
Resta una pecca gravissima: in questa riforma non viene mai affrontato il tema del lavoro nel Mezzogiorno. Una dimenticanza colpevole che, da parlamentare e da meridionale, mi batterò perché venga colmata al più presto.
Grazie Giuseppe per quello che farai. Purtroppo “l’assordante silenzio” sui problemi peculiari del mezzogiorno non è una novità. Dispiace notare che, sull’andazzo populista del momento, ci si ricorda del meridione quando movimenti come quello dei “FORCONI” riempiono le pagine dei giornali!