L’assemblea pubblica del circolo Pd Monte Mario è stata un vero successo per la partecipazione e la ricchezza del dibattito, ringrazio molto il circolo per l’invito ed, in particolare, Vladimir Mariano (segretario del circolo) e Marco Miccoli (segretario pd Roma), e confesso una certa emozione per avere visto tanti manifesti con il mio nome in grande evidenza affissi per le strade di Roma.
Dopo la conferenza stampa del Presidente Monti, ho assistito sbigottito alle dichiarazioni di uomini politici anche del mio partito, che affermavano un sostegno “a prescindere” dal merito all’operato del Governo, temo senza nemmeno essersi premurati di leggere e tentare di comprendere le proposte avanzate, oppure che richiamavano la Cgil a comportamenti responsabili, l’invito mi è sembrato male indirizzato.
Bersani giustamente ha rimesso le cose in ordine ed ha affermato che siamo pronti al confronto in Parlamento, disponibili a ragionare ma non accettiamo diktat e ci muoveremo per far prevalere una logica di coesione sociale.
Il mio giudizio provo a sintetizzarlo, con l’avvertenza che il materiale di cui dispongo sono: resoconti giornalistici, testimonianze di sindacalisti e rappresentanti degli imprenditori, dichiarazioni dei protagonisti della trattativa, e pertanto mi riservo una valutazione più attenta allorchè i testi normativi saranno disponibili.
Venendo al merito, la proposta di modifica del mercato del lavoro avanzata alle parti sociali, a mio avviso, può essere così tripartita: poche luci, molte ombre e il buio pesto.
a) Inizierò dalle luci per evitare l’accusa di disfattismo.
Il Governo afferma in modo inequivoco che dalla precarietà diffusa nella quale siamo precipitati è necessario fuoriuscire e la strada tracciata si basa su alcune misure finalizzate a combattere l’utilizzo fraudolento dei contratti di lavoro flessibile e riaffermare la centralità del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Il particolare si prevede una stretta sulle false partite iva (stop dopo sei mesi), sui contratti di lavoro intermittente o a progetto (vincoli più stringenti per l’accesso a teli tipologie contrattuali) ed infine si introduce il cd. Bonus-malus sulla flessibilità (il lavoro precario costerà di più, finalmente, ma il malus diventerà in bonus in caso di trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato).
b) Le ombre avvolgono fondamentalmente il cd. Nuovo welfare ed in particolare gli ammortizzatori sociali. Le novità non sono molte (più di carattere nominalistico che sostanziale, alla indennità di disoccupazione e di mobilità si sostituirà l’Aspi, assicurazione sociale per l’impiego), è prevista una lunga fase transitoria (sino al 2017), non è chiaro in che modo le tutele diverranno davvero universalistiche (si applica l’Aspi anche ai lavoratori a progetto ?), le risorse certo non sono molte (le famose nozze con i fichi secchi).
c) Le proposte di modifica alla disciplina del licenziamento individuale infine, rappresentano il vero buio pesto.
In sostanza si introduce il principio della monetizzazione del licenziamento illegittimo, abolendo il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, e si applica questa nuova e ridotta tutela non solo ai licenziamenti per ragioni economiche ma anche ai licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (i licenziamenti disciplinari).
Peraltro nulla si dice sul tema del processo del lavoro e dei suoi tempi, dimenticanza davvero grave.
Nessun commento merita lo svarione in ordine alla sbandierata estensione alle piccole imprese del diritto alla reintegra nel posto di lavoro nel caso di licenziamenti discriminatori.
Tale tutela infatti, è assicurata dall’art. 3 della legge n. 108 del 1990, è, pertanto, norma vigente da appena 22 anni: alla faccia della novità.
L’art. 18 della legge n. 300 del 1970 è una norma di civiltà e rispecchia un compromesso avanzato tra capitalismo e democrazia, riconosce al lavoratore il diritto a non essere sottoposto alla volontà arbitraria di un altro, e da esso deriva l’obbligo di esercitare l’iniziativa economica privata in modo libero ma senza contrastare con la sicurezza, la libertà e la dignità umana di cui parla l’art. 41 della nostra Costituzione.
Certo un nuovo compromesso potrà essere trovato, ma far ciò ci vuole il contributo di tutti e una condivisione vera di tutte le parti sociali.
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