L’esperienza dei primi tre anni di vita dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla mafia ci consegna un bilancio positivo, ma anche difficoltà operative e normative che vanno superate. In queste ultime settimane ho avuto modo di incontrare più volte il direttore dell’Agenzia Nazionale dei beni confiscati alla mafia, Prefetto Giuseppe Caruso. In queste occasioni – la più recente ieri mattina al Viminale per la proiezione del cortometraggio “Fiori dal cemento” realizzato dal gruppo Scout “J. Livingston” di San Damiano d’Asti – il prefetto Caruso ha sempre evidenziato alcune criticità che hanno interessato l’attività dell’Agenzia, in questi suoi primi tre anni di vita.
Ritengo, e in questo voglio raccogliere l’appello del Prefetto Caruso, che vada rafforzato il ruolo dell’Agenzia e che alla luce di questi primi anni di esperienza serva correggere gli aspetti che in alcuni casi rendono tortuoso il percorso di affidamento e gestione dei beni. In particolare, credo che ci siano alcuni aspetti che riguardano la fase tra il sequestro e la confisca del bene, soprattutto se si parla della gestione di aziende, che vadano migliorati. Si tratta della fase più delicata per le aziende, quella in cui bisogna dimostrare con forza che la cultura della legalità produce buona economia. Servono inoltre interventi più mirati per proteggere il lavoratori. L’emersione alla legalità dell’impresa mafiosa, deve essere sostenuta con più forza e determinazione, poiché è proprio su questo terreno che lo Stato deve dimostrare di aver vinto la battaglia contro il malaffare.
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