Ad aprile è diventata legge la riforma delle misure cautelari, una norma che riduce il ricorso alla carcerazione preventiva e che introduce principi di civiltà nel sistema carcerario italiano. Si è discusso di custodia cautelare, misure interdittive, sovraffollamento carcerario e delle riforme del Governo nazionale in materia di giustizia e carceri, venerdì 29 maggio a Catania durante un incontro-dibattito.
All’iniziativa intitolata “La riforma delle misure cautelari: libertà personali e diritto alla sicurezza” ha preso parte Anna Rossomando, parlamentare Pd, membro della Commissione Giustizia, relatrice della riforma alla Camera che da anni è impegnata per modificare le misure di carcerazione preventiva in Italia. All’incontro, moderato dall’avvocato Paolo Schilirò, oltre ad Anna Rossomando e me, hanno preso parte Luca Spataro, consigliere del ministro della Giustizia Andrea Orlando, e Antonio Fiumefreddo, avvocato penalista e docente universitario di Diritto di procedura penale.
La riforma delle misure cautelari “nasce per ridurre l’eccessivo ricorso alla carcerazione preventiva e dall’esigenza del Governo Renzi e del precedente Governo Letta di ridurre il sovraffollamento carcerario” ha sottolineato Paolo Schilirò, citando alcuni importanti dati: in Italia la popolazione carceraria è di 53 mila detenuti a fronte di una capienza di 49 mila posti e ben 19 mila detenuti sono in attesa di giudizio, la metà dei quali in attesa di una sentenza di primo grado.
“Si tratta di un’ottima riforma, un’ottima mediazione che mette nero su bianco l’eccezionalità della carcerazione preventiva – ha detto Antonio Fiumefreddo – che prevede la detenzione in carcere solo quando le altre misure saranno escluse, ma che tiene conto della pericolosità di certe condotte, escludendo dunque i reati di mafia, terrorismo, spaccio organizzato e altri gravi reati”.
Per Luca Spataro “il Governo nazionale ha affrontato le politiche penali con un drastico cambio di paradigma, che ha portato innanzitutto a far rientrare l’emergenza del sovraffollamento carcerario, con una serie di provvedimenti legislativi e organizzativi importanti, ad esempio ampliando le misure alternative al carcere”.
Io tengo a sottolineare che ci siamo mossi nel precedente Governo Letta e lo stiamo facendo anche adesso, grazie all’attenzione specifica del ministro Orlando, verso politiche garantiste che assicurino certezza dei diritti e correttezza delle procedure. Il riformismo mite messo in campo dal ministro della Giustizia Orlando e la sua capacità di coinvolgere i tanti soggetti del sistema giustizia, a partire dall’Avvocatura, nascono da un’elaborazione che viene da un percorso lungo avviato da anni, un percorso riformista fortemente voluto dal Partito Democratico e che va nella direzione della tutela dei diritti ma anche dell’efficienza della giustizia penale e civile.
Anna Rossomando infine ha illustrato il percorso della riforma, “una legge di iniziativa parlamentare che ha visto un iter laborioso e un dibattito intenso” ha affermato. “L’obiettivo è stato quello di rendere il carcere una misura residuale, ma questo approccio non è semplice buonismo, è piuttosto una questione di adeguatezza delle risposte: sia sotto il profilo della sanzione che della tutela della pericolosità ci sono risposte migliori e più adeguate – ha spiegato – Abbiamo ad esempio ampliato le misure interdittive, ampliando il ventaglio a disposizione dei giudici”. “La misura quindi ha introdotto i criteri di pericolosità concreta e attuale per ricorrere alle misure cautelari, di pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, ha reintrodotto la cultura del difendersi provando – ha detto ancora la deputata PD – Sono stati inoltre aboliti automatismi precedenti che erano errati, restituendo al giudice la possibilità di valutare le singole situazioni in concreto: il grande obiettivo ottenuto è dunque dare nuovamente centralità alla giurisdizione”.
nella foto, da sinistra: Luca Spataro, Anna Rossomando, Giuseppe Berretta, Antonio Fiumefreddo, Paolo Schilirò.
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