Ricevo e volentieri pubblico. Anzi, se altri volessero scrivere e iscriversi, il blog è a loro disposizione.
Caro Giuseppe,
domani ti porterò 15 euro. Non è un vecchio debito di cui ti eri dimenticato. Molto più semplicemente è la somma, minima, da versare per prendere la tessera del PD. Non c’è solo il piacere privato di ricevere la tessera da un “vecchio” amico. C’è la scelta di farlo in questo momento e di farlo con te. Non sono molte le speranze che abbiamo noi catanesi di sinistra. Tu hai ricevuto la condanna a esserne una. Tornare a sperare, tornare a pensare che anche qui, nella grigia, sporca e soprattutto sorda Catania si possa dare un senso alle proprie giornate pubbliche, si possa lavorare per una città diversa della quale sentirsi orgogliosi: da qualche tempo ci tocca solo la vergogna.
Assumersi responsabilità davanti a tutti, cosa che abbiamo fatto poco ultimamente, diversamente non saremmo dove siamo. Farsi carico non solo del proprio particulare e a questo piegare tutte le scelte, ma pensare a chi non può pensare, prendere parola per chi non l’ha avuta mai, mettersi in cammino per chi non può muoversi. Qualcosa del chierichetto che tanti anni fa sono stato con convinzione deve essere evidentemente rimasta. Ma se la sinistra non è questo, allora che cosa è?
Non sono il primo a farmi questa domanda. E risposte non ne abbiamo. Come disse un economista italiano veramente saggio: cercate ancora. Non è il risultato a de-finirci; è il cammino. E ognuno ha avuto modo di sperimentare i propri personali cammini.
Io, per fare solo un esempio, giovanissimo ribelle (lo sapevo solo io assieme a un carissimo amico) in quel di Bronte compravo Notizie radicali e mi sentivo molto libertario – non era ancora tempo di libertinaggio – e conseguentemente molto radicale, praticamente anarcoide. Fu grazie a Notizie radicali dell’estate 1977 che scoprii la mitica Fgci di Massimo D’Alema, la cui festa veniva presentata come una sorta di lager. La diffidenza per i comunisti viene da lontano, insomma.
Nel lontanissimo ’77 essere ribelli era un dovere per un giovane minorenne. Negli anni seguenti le sirene feroci fecero le loro vittime. E io sempre libertario per quanto attento studioso di Marx. Ma, tornando a Bronte, non c’erano libertà lì. Non c’erano soprattutto per i braccianti. Così come non c’erano per le operaie del nascente e selvaggio polo tessile. C’era invece il Pci. Pieno di gente – stupenda – che ascoltava Radio Mosca. Che quel Berlinguer, va bene il rispetto per il segretario generale, ma insomma…C’era questo. E io, libertario radicale anarcoide, presi la tessera del PCI. Analisi concreta della situazione concreta, aveva scritto il mio Carletto Marx. E lo presi sul serio.
Poi la caduta, finalmente, del Muro. Il mio personale grido di gioia al cambio del nome bloccò per un giorno un intero Comitato federale. Era, per me, la fine di un equivoco. Anche personale, oltre che intellettuale.
L’entusiasmo fu spento dalla segreteria regionale di Claudio Fava e, grazie a lui, abbandonai la pratica della tessera. C’era tanto da fare, in quegli anni, a Catania e l’amministrazione concreta della città era sicuramente avventura più esaltante dell’eterna ricerca dell’identità. Di quegli anni vorrei ricordare solo due grandi uomini, oltre che grandi assessori, che non sono più con noi: Paolo Berretta e Rino Battiato.
Nel frattempo cominciavo a dare ragione a Emanuele Macaluso, io che avevo avuto solo rigide letture ingraiane ed ero diventato, assieme ad altri 39 ragazzi, proprietario di un’azione del Manifesto. E gli ho dato pienamente ragione sull’errore grave di non aver voluto costruire in Italia, anche in Italia, un normale partito socialista, come si usa nel resto d’Europa.
Invece il Pd. Un ramoscello d’ulivo, pure striminzito, al posto della meravigliosa rosa rossa. E poi Veltroni, il mitico Veltroni dell’Unità con le videocassette e con le figurine, del grande discorso del Lingotto, ridotto a non andare al di là del “ma anche”, per cui Crozza sembrava più vero dell’autentico.
E la laicità – sempre libertario sono – abbandonata a se stessa per non scontentare nessuno, come se le gerarchie si accontentassero del “ma anche” quando possono passare direttamente all’incasso.
Ma questo abbiamo. Con questo dobbiamo fare i conti, Se ne siamo capaci, su questo dobbiamo intervenire per renderlo più interessante, prima ancora che attraente. Ritorna il vecchio Carletto.
Vorrei tanto – io, per la mia parte, comincio – che gente che nella politica c’è nata, che in qualche modo non l’ha mai abbandonata pur rifuggendo dal partito di turno, si prendesse le proprie responsabilità. Si prendesse le proprie responsabilità non per aderire al Pd ma per costruire il Pd. Che il Pd vada costruito, assieme, tu lo hai sempre detto. Che solo chi ci sta può criticare e avanzare alternative lo hai pure detto sempre. Parlo, ovviamente, dei vecchi come me. Per gli altri, i giovani, mi auguro che il Pd riesca a inventarsi l’intelligenza e la fantasia necessarie per poterli incontrare.
In questi giorni di apertura del dibattito precongressuale girano con insistenza parole chiave quali CORAGGIO, IDENTITA’, OPPOSIZIONE, PROPOSTA. Sono parole sulle quali non ci possono essere problemi. Credo invece che molti abbiano problemi su una vecchia parola: sinistra.
E’ così difficile immaginare che finché ci saranno le aberrazioni dell’Occidente ci sarà la sinistra? E fra le aberrazioni non ci metto solo le macroscopiche disuguaglianze ma anche la mancanza di opportunità (di studiare, di accedere al mercato, di farsi valere), le corporazioni, le rendite di posizione, la gerontocrazia che regge il reclutamento della classe dirigente. Per inciso, da questo punto di vista la mafia è uno dei sistemi più vitali e moderni del nostro paese.
Insomma, si può immaginare una sinistra – devo dire la verità, non mi interessa il centrosinistra – che riprenda quella rivoluzione liberale che dalla morte di Gobetti – noto amico di Gramsci – è stata maldestramente richiamata solo dai radicali e indicata da Bersani, senza che il centro-sinistra lo facesse lavorare per davvero?
Si può essere sinistra nel Pd? Non con il rispetto di cortesia delle altre culture ma nella convinzione che il meglio delle altre culture è sempre stato “sinistra” pratica. Senza le imbarazzanti compagnie del Pci, pur se con alcune affiliazioni inquietanti.
Si può tentare, in piccolo, una sorta di new labour senza, possibilmente, la guerra in Iraq? Si può essere se stessi, senza inseguire inutili mea culpa, fosse solo perché il mondo nel frattempo ne ha dimenticato pure la ragione?
Ecco, sinistra. Che non deve essere moderna, riformista, liberale se no pare brutta. No, sinistra, penso con la stessa convinzione che avevo da chierichetto, che può esistere solo in quanto moderna, riformista, liberale. E laica. E verde, solo nel senso che non può non essere consapevole che la salvaguardia della terra – e dei suoi abitanti – è forse l’ultimo motore di sviluppo. Diverso, parecchio diverso, certamente. Se no basterebbero gli altri e non ci sarebbe bisogno della sinistra.
Prendo la tessera del Pd per dare il mio piccolo contributo a costruire a Catania il partito di cui sento il bisogno, un partito popolare, laico, radicato nel territorio e nelle nuove generazioni. Prendo la tessera del Partito Democratico perché quando si parlerà di cosa vogliamo fare voglio esserci, uno fra tanti, anzi tantissimi mi auguro, ma voglio esserci. Un partito che liberi la realtà dalle tante meschinerie che ci tengono, i più, bloccati e liberi le tante opportunità che la nostra terra e, soprattutto, le nostre teste e i nostri cuori sapranno inventarsi.
Come vedi, Giuseppe, i sogni, i soliti sogni, vincono su ogni tentativo di analisi. Che l’ho studiato a fare Marx, alla fine? Buon lavoro a tutti noi.
Antonio Schilirò
Se non ora quando?
Mi sembra la frase giusta per risentire quell’entusiasmo che si formò spontaneo dentro di noi quando nacque il Partito Democratico.
Non dimentichiamo le cose belle!
All’inizio ci fu speranza e voglia di fare per iniziare un percorso nuovo.
Oggi vedo e sento rinascere questo entusiasmo.
Se non ora quando, significa ripartire ma ripartire alla grande, con la precisa determinazione di non fare errori:
1) Non farsi male fra gli stessi dirigenti;
2) Inutile dialoghare con un governo che farà lo stesso tutto quello che vuole.Questi “dialoghi” non funzionano con chi non ha nessuna voglia di cedere e venire a compromessi; servono solo a scoraggiare l’elettorale PD che li vede come cedimenti;
3) Non redigere programmi generici e onnicomprensivi di tutti i problemi; indicare piuttosto soluzioni pratiche e determinate.Soluzioni precise.
4) utilizzare tutti i mezzi d’informazione possibili per far capire l’azione del PD e chiaramente cosa si vuol fare;il governo Berlusconi sta passando per il governo del “fare”, ma è poi vero? Il PD l’ha contestato o no? Lo accetta? Il PD non sa fare?
5)Evitare di fare i “buonisti” con l’attuale governo,nei confronti del PD non si utilizzano le buone maniere;
Complimenti all’amico Schilirò per il suo intervento che mi ricorda la mia giovinezza iniziata nel PSI nel 1965 (sono un pò anzianotto)
Dal 1965 ad oggi l’Italia è in parte cambiata in meglio ma in parte c’è una battuta d’arresto forse un peggioramento.
Si può fare molto e riprendere un cammino di civiltà, proprio civiltà, perchè gli italiani non possono essere considerati ancora fascisti e razzisti.
Non è più tempo di riflusso, qui la situazione è grave. Occorrerebbe ritornare all’impegno politico. Reale e concreto. Di tutti.
Vero, ci stavo riflettendo da tempo.
In effetti sarebbe il momento giusto per iscriversi. Perché questo partito di simpatizzanti ne ha parecchi e non sarebbe male che li si riuscisse a convertire in iscritti.
Commovente spiegazione di un percorso. Certe cose non le sapevo. Del resto, sono giovane giovane. Quasi quasi mi iscrivo anch’io.
Un applauso, mio caro … Io non prenderò certo la tessera del Pd, incompatibile con la famosa bandiera sul mio cuscino, ma condivido molto di quello che scrivi e comprendo anche il travaglio che c’è dietro …
Del resto, un percorso – politico, di vita – è 9 volte su 10 accidentato e mai semplice …
Credo che l’Italia possa farcela, nel lungop periodo, a divenire una nazione moderna e realmente democratica … Per la Sicilia ho i miei dubbi …