E’ stata una giornata bella, perché trascorsa tra la gente, tanta gente. Come piace a noi del Pd, come piace soprattutto a Pier Luigi Bersani che ieri ha passato una giornata tra Priolo, Catania e poi Messina. Tre tappe, tutte significative: il petrolchimico e i disagi di una fetta di Sicilia che deve per forza di cose fare i conti con l’assenza di politica industriale e sente più di chiunque altro la necessità, invece, di nuove politiche industriali che puntino su risanamento e innovazione; Catania e le sue tante vertenze, le sue tante incompiute, le sue tante delusioni assieme alle sue tante potenzialità, alle tante opportunità da cogliere; Messina e –inevitabile parlarne – quel Ponte sullo Stretto di cui torna a parlare ancora e ancora Berlusconi, ennesimo ritornello di un disco rotto che ripete puntualmente in campagna elettorale sempre le stesse chiacchiere, aumentandone di volta in volta la portata: da un milione siamo già arrivati a 4 milioni di posti di lavoro, al punto da far dire a Bersani di aver proposto agli altri leaders progressisti europei di mandarlo in giro, se c’ha tempo, e i problemi dell’Europa sarebbero automaticamente risolti. Ma noi siamo gente seria e invece delle chiacchiere Bersani, pragmatico e semplice come sempre, ha preferito fare quello che gli riesce meglio: parlare di cose concrete, di problemi veri e di soluzioni reali, direttamente con la gente vera, dagli operai di Priolo con cui ha pranzato alle migliaia di uomini e donne che hanno affollato fino all’inverosimile l’auditorium delle Ciminiere a Catania.
Parlando ai catanesi, preceduto da Luca Spataro, dalla capolista alla Camera Flavia Nardelli e da un applauditissimo capolista al Senato Corradino Mineo, Bersani ha regalato molte di quelle battute che lo rendono semplice e comprensibile, insomma vero.“La volta scorsa, qui alle Ciminiere, vi avevo promesso che avremmo vinto in Sicilia. Bene, smacchieremo il giaguaro anche stavolta” ha detto il segretario del partito. Del suo intervento – che ha toccato davvero tutte le questioni aperte del nostro Paese, dal falso in bilancio alla necessità di una legge sul conflitto d’interessi, da un fisco più giusto alla riduzione dei contanti in circolazione per mettere un freno all’evasione, dalle unioni civili per le coppie omosessuali ai fondamentali interventi per scuola e diritto allo studio – mi ha commosso il richiamo all’Italia, alla Nazione Italia, dove stiamo tussi assieme, Nord e Mezzogiorno. Un’Italia che può ripartire solo se riparte il Sud. “In tanti anni di governo Berlusconi-Bossi chi ha pagato il conto del leghismo è stato sempre e solo il Sud, a partire dalla Sicilia, la più generosa con Forza Italia quando premiava il Cavaliere con il 61 a 0, ricevendo poi in cambio solo promesse astratte e concrete sottrazioni di risorse. Vent’anni di governi di centrodestra in Sicilia hanno prodotto i risultati che oggi tutti i siciliani vedono e che nessun’altra storiella di Berlusconi può nascondere”. “I siciliani dovrebbero ribellarsi più di tutti, perché hanno atteso vanamente in questi anni che si spendessero i loro fondi Fas – ha detto ancora Bersani – per poi scoprire che erano stati distratti 4 miliardi e mezzo per pagare le quote latte degli allevatori scorretti del Nord, 75 euro a testa d’italiano, bambini compresi. Ma si può ancora votare Berlusconi?”.
Il populismo, ha ripetuto Bersani, è l’esatto contrario della partecipazione popolare, la nostra atomica per sconfiggere non solo Berlusconi quanto il berlusconismo che ha inquinato le falde morali del Paese. I volti allegri e partecipi dei tantissimi ragazzi, della gente che era venuta ad ascoltare il nostro candidato premier e che ho avuto modo di osservare dal palco assieme a tutti gli altri candidati, chiedevano, reclamavano anzi, un cambiamento. Se lo meritano, ce lo meritiamo. Soprattutto qui in Sicilia da dove verrà – ne sono convinto – un contributo decisivo per l’esito di queste elezioni. E allora, proviamoci, a smacchiare “il giaguaro e il giaguarone”, Berlusconi e il berlusconismo. Ci meritiamo un’Italia giusta!
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