In un articolo uscito su La Repubblica di oggi 7 ottobre 2012, Goffredo De Marchis interpreta e riassume il “Bersani-pensiero”. Buona lettura.
“E il segretario scarica i notabili”,
di GOFFREDO DE MARCHIS
«NON userò nemmeno il simbolo del Pd. Nessun dirigente salirà sul palco con me. Non è una campagna del partito, sono primarie di coalizione per la scelta del candidato premier». La nomenklatura democratica interpreta con preoccupazione i ripetuti segnali di Pier Luigi Bersani.
I TONI, i bersagli sono diversi da quelli del rottamatore Matteo Renzi ma al fondo l’obiettivo è lo stesso: rivoluzionare il centrosinistra, cambiare i volti, i vissuti, la foto di famiglia. E liberarsi del peso di alcune lunghe e onorate carriere politiche. Lui da solo contro il sindaco di Firenze significa un duello senza la zavorra degli “oligarchi”.
Il primo appuntamento della campagna da candidato premier conferma questo indirizzo. Bersani partirà, con un discorso sull’Italia, domenica prossima, il 14 ottobre, dal piazzale della stazione di servizio che fu di suo padre Pino, benzinaio e meccanico a Bettola, il paese a 33 chilomentri da Piacenza dove il segretario è nato 62 anni fa. «Questo sono io, questa è la mia storia», è il messaggio subliminale di una scelta sorprendente. Privata, quasi intima. «Si sarà capito che l’eccesso di personalizzazione nella politica mi infastidisce», diceva nell’intervista-biografia raccolta un anno fa da Miguel Gotor e Claudio Sardo. Ma cosa c’è di più personale di questo ritorno a casa, alle umili origini della sua famiglia? Cosa è cambiato da allora, nella strategia bersaniana? È cambiato tutto. C’è uno sfidante giovane e per niente sprovveduto. C’è una crisi della politica che giocoforza investe chi quella politica l’ha interpretata, anche dalla parte della ragione. L’abbraccio a Bettola e ai primi passi è un altro segno che questa partita Bersani la vuole giocare in proprio. Che sono saltati i “patti di sindacato”, le alleanze interne.
I big del Pd lo sanno. Renzi fa comodo a Bersani perché diventa il parafulmine di un odio manifesto dei maggiorenti. «Il nemico è Renzi, non Vendola», sibila Massimo D’Alema a chi gli chiede un giudizio sulle primarie. Ne fa una questione personale e non ha tutti i torti: è dura essere dipinto come il male assoluto nei teatri pieni delle province toccate dal camper. Ma ora preoccupa anche l’atteggiamento di Bersani. «Spero che vinca Pier Luigi, ma il giorno dopo Renzi non sarà cancellato. Rimarranno sul tavolo le sue battaglie, qualcuno sarà rottamato», spiega rassegnato un notabile. Sarà per primo il segretario a non accettare la cancellazione di un profondo ricambio. Una prova? Il capogruppo alla Camera Dario Franceschini, qualche giorno fa, è corso da lui per chiedergli conto di una proposta di legge firmata dal bersaniano Dario Ginefra che fissa, per i parlamentari, il limite inderogabile di tre mandati. «È una roba delicata, che faccio, procedo?». «Ma certo, andiamo avanti», ha risposto Bersani.
Con un rischio voluto e calcolato, Bersani può trovarsi davvero solo (e libero) nella sua corsa, i maggiorenti freddi e distanti. Il presidente della Toscana Enrico Rossi si ribella alle aperture del segretario: «Non cediamo alla prepotenza di Renzi». Dopo nemmeno due ore di assemblea, il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca lascia furente l’hotel Ergife: «Non commento questo orrore altrimenti sconfino nel codice penale e mi arrestano». Franco Marini non accetta l’ineluttabile esito: «Voto il cambio dello Statuto solo per disciplina ». Rosy Bindi si aggrappa, confortata dalle parole di Enrico Letta e di Maurizio Migliavacca, al filtro delle regole. Ma Bersani non si guarda indietro.
L’intesa di fondo con Renzi non impedirà al segretario di condurre una campagna “aggressiva”. Il capo della sua comunicazione Stefano Di Traglia l’ha preparata nei dettagli. Sfidando il guru Giorgio Gori, con le armi più adatte a Bersani. Al format renziano che gira i teatri italiani recitando sempre lo stesso copione, verranno contrapposte 25 tappe con diversi canovacci. La scenografia sarà sempre reale: una fabbrica, una scuola, un centro di ricerca. Ogni volta si affronterà un tema nuovo. E i big, anche locali, sono pregati di accomodarsi non solo giù dal palco ma anche in fondo alla sala. In prima fila Bersani vuole i giovani dei circoli e delle associazioni. È la sua partita. La nomenklatura deve fare un passo indietro.
La Repubblica 07.10.12
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