Catania attende con il fiato sospeso l’audizione presso la Corte dei conti. Un appuntamento fondamentale, visto che la Corte valuterà se accogliere la richiesta del Consiglio comunale di aderire al fondo salva-enti che potrebbe portare il Comune a ottenere dal Governo circa 90 milioni da restituire in dieci anni. Stancanelli in questi mesi ha fatto di tutto, ha letteralmente inondato giornali e televisioni, per allontanare da sé ogni responsabilità per il dissesto. A suo dire tutto è dovuto a circostanze esterne alla giunta. Ha giurato e spergiurato su questo punto. Per settimane e mesi.
Prima ha dato la colpa alle giunte di venti anni prima, accusandole di aver causato un buco di 20 milioni di euro. Ma il giochetto non funziona, viene ben presto scoperto: la giunta sapeva da almeno due anni di questo debito maturato con sentenza definitiva in riferimento a un contenzioso pluridecennale per l’acquisto di 138 immobili di edilizia popolare. Si scopre inoltre che il Comune non ha nemmeno presentato ricorso contro la sentenza.
Poi Stancanelli ha invitato tutte le forze politiche e sociali ad una improbabile unione sacra della città, e ultimamente ha indicato nel governo Monti l’unico responsabile del dissesto. Dimenticando che dinanzi ai tagli lineari del ministro Tremonti era stato muto come un pesce e omettendo che solo nel 2008 il Comune di Catania ha avuto in regalo 140 milioni di euro che sono serviti solo a prolungare l’agonia. Queste tumultuose quanto fallimentari iniziative rendono ancora più grave la sua assenza durante la seduta di Consiglio comunale che ha momentaneamente evitato il dissesto di Catania. Il sindaco ha preferito non esserci, quasi a voler mettere una distanza tra la sua immagine e il dissesto. Un tentativo maldestro, addirittura patetico, perché Stancanelli e la sua giunta sono stati inchiodati dalla Corte dei Conti alle proprie responsabilità. E sono stati costretti ad una radicale manovra di riaggiustamento. Mi limito ad evidenziare solo alcuni dei gravissimi rilievi formulati dalla magistratura contabile nella recente “Indagine sulla sana gestione finanziaria del Comune di Catania”.
Un documento fondamentale che costituisce la base dell’ultimatum imposto dalla Corte dei Conti. La Corte ha denunciato l’esistenza, oltre che di “un grave squilibrio finanziario”, di vere anomalie gestionali e irregolarità contabili (v. pagina 107). Roba forte: un’azienda avrebbe già portato i libri in Tribunale e l’amministratore delegato andrebbe sotto processo. Successivamente ha evidenziato l’esistenza di scostamenti del 90% tra entrate previste e risultati raggiunti di voci fondamentali del bilancio, denunciando l’assoluta mancanza di visione prospettica (pagg. 28 – 29). Non poteva sfuggire ai magistrati contabili l’incredibile prassi adottata sistematicamente dalla giunta Stancanelli di non inserire i debiti nel bilancio comunale in violazione delle regole sulla sana gestione finanziaria oltre che del fondamentale principio di veridicità del bilancio stesso: “L’emersione di tali debiti è in realtà avvenuta ma per la gran parte di essi non si è ancora proceduto al prescritto riconoscimento con la conseguenza, come si vedrà meglio nel capitolo dedicato ai debiti fuori bilancio, che vi sono ragguardevoli volumi di passività non ancora ricondotti all’interno del bilancio dell’Ente in violazione delle regole sulla sana gestione finanziaria oltre che del fondamentale principio di veridicità del bilancio” (v. documento pag. 30, e poi ancora pagg 61 e 62). Sulle spregiudicate operazioni finanziarie la Corte stigmatizza il comportamento di Stancanelli. Il Comune, infatti, ha privilegiato la ricerca di un risparmio sicuro di breve periodo senza la dovuta considerazione dei futuri equilibri finanziari ovvero della capacità dell’Ente di sopportare, in futuro, gli oneri derivanti da bilanci ormai ingessati per gli anni a venire (v. pagg. 50 – 51). Complessivamente, infatti, l’operazione comporterà un consistente aggravio per il pagamento di interessi da 125.776.862,09 euro ante rinegoziazione a 386.142.199,09 euro. I mutui rinegoziati nel 2010 rappresentano dunque un macigno sul futuro della città. Tanto più se, come teme la Corte dei Conti, i soldi ottenuti dovessero essere utilizzati per finanziare la spesa corrente e non gli investimenti strutturali (v. pagg. 50 – 51). Il risultato è che sulle spalle dei catanesi grava un debito di 1.780 euro pro capite, a fronte di una media regionale e nazionale di gran lunga più contenuta, pari rispettivamente a 591 euro ed a 952 euro pro capite (v. pagg. 49 – 49).
Mi fermo qui, credo non ci sia niente da aggiungere. La crudezza dei numeri segna il fallimento di una intera stagione politica. Per sfuggire alle sue responsabilità Stancanelli ha cercato di nascondere in tutti i modi l’insostenibile situazione finanziaria del Comune e le proprie gravissime responsabilità. C’è tutta la crisi del berlusconismo e della destra italiana nello scomposto agitarsi del sindaco. Occorrevano idee, bisognava lavorare sodo, investire su una nuova proposta di sviluppo per Catania. Ma Stancanelli è solo lo stanco continuatore di politiche vecchie e di equilibri politici ormai dissolti. E’ un sindaco allo sbando di una città sull’orlo del dissesto. Che lui per primo non solo ha ereditato, ma ha aggravato con scelte dissennate. Ora occorre cambiare pagina. Dipende da noi. Insieme possiamo farcela.
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