Davanti ai risultati elettorali nazionali gli analisti, i commentatori e anche noi politici, abbiamo cominciato ad usare vocaboli solitamente utilizzati dagli scienziati della terra: sciame sismico, tsunami, movimento tettonico. E’ chiaro che ci troviamo dinanzi ad un quadro generale profondamente mutato. Un mutamento di cui non possiamo non tenere conto in vista delle elezioni amministrative che si terranno anche a Catania. Guardando alle novità manifestatesi abbiamo due modi di interpretarle: percorrere stancamente le strade già battute, ovvero intraprenderne di nuove assumendoci qualche rischio, provandoci.
Alcuni di noi dicono Bianco candidato del centro sinistra a Catania. Enzo incarna, con luci ma anche con ombre, l’idea di una buona amministrazione ed è una personalità di spicco. Dicono: “è un usato sicuro”. Bene, è tutto vero. Ma ora tocca dirlo con chiarezza: sono passati vent’anni dalla Primavera di Catania. Quattro lustri, una intera era politica. Allora c’era un’altra Italia, il Paese dei sindaci del centrosinistra: a Catania, Roma, Napoli, Venezia. Era l’Italia del bipolarismo. Stiamo attenti perché ciò che 20 ani fa appariva, ed era in gran parte il nuovo, oggi inesorabilmente si presenta con tutti i segni della continuità col passato, con i tratti del logoramento e persino del vecchio. Per questo penso che abbiamo necessità assoluta di una nuova proposta politica. Siamo in una nuova fase, totalmente diversa dal passato. Una fase di rottura degli assetti precedenti. Siamo dentro ad un autentico terremoto politico. E noi, una parte di noi, pensa di affrontare questo terremoto con proposte di venti anni fa. Con volti, idee e programmi di vent’anni fa. Di quel passato non c’è più nulla. Oggi si contrappongono tre blocchi, in cui il terzo – nonostante gli auspici di molti – non è il centro moderato ma un polo con caratteri radicali. E’ un’autentica frattura con il passato e a questa fase dobbiamo cercare di dare risposte adeguate e nuove. Bisogna sfidare il nuovo senza rinchiuderci nei fortini del passato. Farlo sarebbe un grave errore politico ed elettorale. Presentarsi ancora con il volto della continuità significherebbe ripetere un’operazione già sconfitta nel 2005. Davvero non ci sono ragioni perché ciò che è stato sconfitto ieri possa vincere oggi. Così facendo proporremmo un’operazione di pura nostalgia, la più paralizzante tra le malattie politiche, che ci condannerebbe ad una sconfitta certa.
Davvero pensiamo di scendere in campo, dentro un terremoto politico senza precedenti, con il volto rassicurante – forse – del passato? Il voto nazionale con una chiarezza inaudita ci ha detto che non siamo stati capaci di intercettare il cambiamento. Oggi dobbiamo essere in grado di accettare questa sfida. Rinnovamento, cambiamento, innovazione. Sul piano politico e su quello culturale. Sono queste le parole chiave che ci consentono di accettare questa sfida. La nostra sfida. Se ci presentiamo con i tratti del passato rischiamo di essere spazzati via, non dico solo dal Movimento 5 stelle ma anche dallo stesso Pdl. Un Pdl che probabilmente presenterà un volto giovane e nuovo e che cercherà di recuperare il voto moderato. E noi, invece, ci presenteremmo con il volto del passato per far breccia in un bacino di voto moderato già occupato, forse addirittura blindato. E poi pensate solo ad immaginare cosa avverrebbe sul versante del Movimento 5 Stelle se davvero ci presentassimo con una candidatura che arriva da venti anni fa.
A mio avviso l’unica strada che possiamo percorrere è quella del cambiamento e della rottura con il passato, per attrarre i voti che hanno abbandonato il centro destra e per recuperare i voti nostri che si sono rivolti al Movimento 5 stelle. Sono voti contendibili – le regionali nel Lazio e in Lombardia lo dimostrano -, voti che possiamo conquistare e riconquistare attraverso un forte cambiamento e una innovativa proposta di governo, con volti nuovi e storie di vita radicate nel presente.
Per intraprendere questo percorso dobbiamo iniziare dalle primarie. E’ una questione di metodo e stile. Le primarie stanno dentro un percorso di cambiamento guidato dalla volontà di non chiuderci in noi stessi ma di aprirci alla città. Dobbiamo farlo abbandonando questa incomprensibile prudenza intorno alle primarie condita con distinguo, se, ma, forse…
Abbiamo bisogno di aprirci, di dialogare con la città mettendo in campo tutte le nostre migliori risorse. Chi parla di lotta fratricida è lontano anni luce dalla realtà. Le primarie servono per creare un rapporto forte e positivo con la città. Piero Fassino è tornato a Torino. Un ex segretario del partito, candidato vice premier dell’Ulivo e già ministro della Repubblica, ha posto per primo il tema delle primarie. Non si è limitato ad accettarle, le ha chieste prima di candidarsi. Perché le primarie sono un grande strumento di legittimazione del candidato e di traino dell’intera coalizione. Questo sono le primarie. Dappertutto si volgeranno le primarie: Roma, Messina, Siracusa e in molte altre città grandi e piccole. Dappertutto tranne che a Catania, dove si vuole negare questa opportunità di democrazia scegliendo un candidato al chiuso di quattro mura. Io sono per il confronto con la città e con altre forze che hanno messo a disposizione la loro candidatura per il rilancio di Catania.
(Il testo del mio intervento di ieri, 10 marzo 2013, alla direzione Provinciale del PD).
Ben scritto Peppe, ti do merito di essere uno dei pochissimi a non sputar ingiurie sugli avversari, un atto di eleganza che ti fa onore 🙂 … Catania è un comune difficilissimo e credo servano davvero doti incredibili e una dedizione totale per avviare un processo salvifico. Personalmente ritengo che se il PD ha fatto primarie nazionali e adesso si accinge a farle anche nei comuni … mi sembra una gran stupidata non farle a Catania, dove lo scontro sarà già duro di per se. Questa visione dove più esponenti della stessa area rischiano di scontrarsi tra loro è in totale disaccordo con la logica ed il buon senso … mi fa pensare a quando Bersani chiese ufficialmente ad Ingroia di non presentare le liste in Sicilia come atto di responsabilità e non favorire le Destre … e adesso? Si determina una lotta in casa? Qui gli avversari, se adeguatamente organizzati, non si avvantaggeranno della situazione? … mi lascia un po perplesso. Per dare fiducia alla gente è indubbio che serva freschezza, il messaggio datoci dai risultati elettorali è chiarissimo, continuare ad ignorarlo è un errore strategico, anzi il perseverare in un errore strategico, che ha e logorerà il PD … Io so che se tu fossi eletto sindaco ti dedicheresti anima e corpo al lavoro e so che sei legatissimo alla città e sinceramente vuoi un cambio di direzione. C’è da tirar fuori le palle, cominciare a parlare forte, chiaro e coraggiosamente con tutti gli ipotetici elettori, battere i quartieri, confrontarsi con le realtà oggi lontanissime dal mondo del PD. Come sai certamente molto meglio di me Catania ha quartieri chiave per la vittoria … Librino, San Giorgio ecc … decine di migliaia di persone vivono li e la politica li ha spesso abbandonati a se stessi … Bianco, ha “regnato” in un’epoca favorevole e cavalcato una piccola primavera cittadina … favorendola certamente, ma non determinandola … oggi è l’epoca in cui invece i cambiamenti vanno determinati, il trend è in caduta libera e le politiche nazionali di aiuti ai comuni non aiutano di certo. Quindi come si dice a Catania: “Occhiu vivu e man’o cuteddu!” In Bocca al Lupo!