Sull’Imu ha vinto Berlusconi o ha vinto il Pd? Dell’abolizione della tassa sugli immobili ne beneficeranno i ricchi o i giovani? Per recuperare i fondi che non arriveranno nelle casse statali sarà aumentata l’Iva?
Dopo la decisione del governo di abrogare la tassa più discussa degli ultimi due anni, il dibattito sui media, nelle analisi degli esperti e tra i cittadini, è zeppo di interrogativi ai quali penso che al momento non sia possibile dare una risposta certa. Capiremo nei prossimi mesi come questa misura inciderà sulla vita degli italiani, ma nel dibattito che si è aperto c’è una cosa di cui si è parlato poco e che penso meriti più attenzione.
Passare da una tassa sugli immobili ad una tassa di servizio, come si dice in italiano, contiene un’importante novità d’impostazione nel modo di intendere i tributi.
Il cittadino paga, il Comune, ovvero l’ente locale più vicino e visibile, riscuote e se chi è chiamato a gestire i soldi riscossi è inefficiente perde la fiducia di coloro che l’hanno scelto per governare. Da un lato si dotano i Comuni di uno strumento potentissimo, dall’altro si dà ai cittadini la possibilità di sapere se l’amministratore che hanno scelto per il loro “grande condominio” è capace di far quadrare i conti e fornire servizi d’eccellenza.
A me la strada imboccata sembra quella giusta e in linea con l’obiettivo principale che questo governo si è dato: il fare per cambiare.
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